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Non c’è virus per la costruzione da dietro: il calcio somiglia sempre più al tennis di Gaber

Il Napoli alza le barricate, segna in contropiede su assist del portiere, ma non si può dire e non possiamo goderne. È la dittatura del calcio a una dimensione

Non c’è virus per la costruzione da dietro: il calcio somiglia sempre più al tennis di Gaber

È densità

Tornare a guardare una partita di calcio dopo oltre tre mesi e scoprire che – ahinoi – ben poco è cambiato. Eppure avremmo da goderci la finale di Coppa Italia ottenuta come piace a noi. Ma – attenzione – non si può dire. No. Non si può esultare per aver vinto una partita col 32% di possesso palla (orgasmico) stando a whoscored, con mezzo tiro in porta e contropiede da calcio d’angolo. Non si può dire. Già sono in azione i normalizzatori. Non è catenaccio e contropiede. È densità. È sapiente attenzione difensiva. È intelligente occupazione degli spazi. Il che ci ricorda la strepitosa Erica Jong che in “Paracadute e baci” ci regalò questa perla:

L’unica volta in cui questa si decise a fargli un magistrale pompino, venne ricompensata con un: “Memorabile arpeggio, o dovrei dire cadenza?” “Perché non lo chiami pompino come tutti?” chiese Isadora, irriverente. “Un pompino resta un pompino, comunque lo chiami”.

Gaber

Oggi non si può dire. Le vestali del nuovo calcio si risentirebbero. E ahinoi Gattuso non combatterà mai questa battaglia culturale. Da quando è allenatore, ha tradito il Gattuso calciatore. Amava Bagni calciatore, ne aveva il poster in camera, però professa altro. Almeno teoricamente. Poi, all’atto pratico, il suo Napoli si chiude nel bunker. E vivaddio vince. Lo ha fatto con la Lazio, con la Juventus, con l’Inter a Milano, col Barcellona in casa (un pareggio sì ma una mezza vittoria).

Ma non è soltanto Gattuso. Ormai anche Antonio Conte – e non da ieri – è tra quelli che hanno trasformato il calcio nel tennis cantato da Giorgio Gaber. Già lo vedemmo qualche tempo fa indignarsi perché qualcuno – ci pare Capello – gli disse che aveva più o meno alzato le barricate. Manco gli avesse detto qualcosa sulla madre.

Trapattoni depenna Conte

Ieri sera abbiamo immaginato Trapattoni Giovanni esclamare: “E anche Conte è andato” mentre l’Inter provava in tutti i modi a far segnare il Napoli pur di non lanciare il pallone in avanti. Handanovic deve aver bestemmiato in aramaico quando ha visto Ospina esibirsi in un lancio di cinquanta metri e aprire le porte al pareggio del Napoli. Contropiede su calcio d’angolo!

Siamo ormai estranei a questo calcio. Siamo cresciuti con altro. E l’evoluzione ci sta. La trasformazione ci sta. Ma è avvenuto qualcosa di più ampio: è avvenuta l’omologazione calcistica. Si gioca tutti allo stesso modo, pena la mortificazione sociale. Se non fai trenta tocchi nella tua metà campo, non puoi presentarti all’aperitivo nel bar dei fighi. Sei un reietto. Sarà certamente giusto così. Si può dire, però, che è un altro sport. A tanti piace. Ad alcuni non tanto. Oggi costretti a riunioni carbonare la cui parola d’ordine è la risposta data Fabio Capello a Maurizio Crosetti: il possesso palla: una pippa spaziale!” 

All’atto pratico, il Napoli (per fortuna) è poco teorico

Poi, ripetiamo, all’atto pratico il Napoli gioca diversamente. Fa gol all’Inter a Milano in ripartenza. Fa gol al Barcellona in contropiede. Segna alla Juventus allo stesso modo. Fa gol all’Inter su rilancio del portiere. Ma – attenzione – manca la rivendicazione politica. Perché noi ci metteremmo al fianco di Gattuso al grido “non vogliamo il calcio ingabbiato”. Non accadrà. Sono tutti gol che cadono nell’oblio. Poi accadrà che il Napoli ne segnerà uno dopo mille passaggi consecutivi e assisteremo a svenimenti come al passaggio di Rodolfo Valentino.

C’è ancora un altro aspetto vintage. Il regolamento. In questa pausa forzata, ci è capitato di rivedere una sintesi video di un Real-Barcellona anni Ottanta, con Maradona. Con le regole di oggi, il Real avrebbe finito in otto il primo tempo. Potrebbe esserci una sintesi tra i due modi di vedere il calcio: sanzionare con l’ammonizione o anche con l’espulsione quando si entra con l’intenzione di far male all’avversario. Ma eliminare il contatto fisico è un altro tassello della trasformazione del calcio nel tennis di gaberiana memoria. Senza – ahinoi – film di Buñuel.

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