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«Formula 1 razzista e omertosa». L’attacco di Hamilton: «È dominata dai bianchi»

Su Instagram dopo l’omicidio di Floyd: «Vi vedo in silenzio di fronte all’ingiustizia». Qualche reazione è arrivata, anche di Leclerc. È stato il primo nero in Formula Uno

«Formula 1 razzista e omertosa». L’attacco di Hamilton: «È dominata dai bianchi»

George Floyd

Dall’omicidio di George Floyd e dagli incidenti di Minneapolis, Lewis Hamilton ha fatto della sua bacheca Instagram il luogo della propria battaglia politica. Non che prima che fosse insensibile al tema razzismo, anzi. Però adesso Hamilton ha decisamente cambiato passo.

Il fuoriclasse britannico – sei volte campione del mondo in Formula 1 – ci è andato giù duro nei confronti del suo mondo. Ha condannato duramente il silenzio del circus di fronte al razzismo.

«Vi vedo voi che tacete, che rimanete in silenzio di fronte all’ingiustizia. Non ci sono state reazioni tra tutti quelli che lavorano nel mio ambiente, perché la Formula 1 è uno sport dominato dai bianchi. Sono solo perché sono l’unico pilota di colori. Il razzismo deve essere combattuto dai fatti non dal silenzio. Pensavo che vedendo quello che stava succedendo, avresti preso posizione. Sappi che so chi sei, Ti vedo!».

Qualche reazione è arrivata, anche di Leclerc

Qualche ora dopo, qualcuno ha reagito. L’Equipe scrive che sono state soprattutto le giovani generazioni: cita Norris, Albon, Russell, Giovinazzi, Latifi che dai propri social hanno condiviso l’hashtag #blacklivesmatter.

Anche Leclerc ha spiegato le ragioni del suo silenzio. «Non mi sentivo a mio agio nell’esprimere quel che stavo provando. Questo è il motivo del mio silenzio finora. Sbagliavo ma ancora adesso ho difficoltà a trovare le parole per descrivere l’atrocità di ciò che ho visto su Internet».

Hamilton ha spinto la Mercedes a intervenire. «Il nostro team è arricchito dalla diversità. Siamo al tuo fianco, Lewis».

L’Equipe ricostruisce la sua battaglia solitaria

Scrive L’Equipe che Hamilton è stato, nel 2007, il primo pilota nero della Formula 1. E che Ron Dennis, allora boss della McLaren, gli aveva poi proibito di usare questo argomento: «Solo il tuo talento conta», gli ripeteva. Già a quel tempo, però – prosegue il quotidiano francese – alla fine del primo anno del circus, aveva subito i primi attacchi razzisti. Accadde a Barcellona prima dell’inizio del Mondiale. La FIA fece un comunicato di condanna.

Col passare degli anni – ricorda L’Equipe – il pilota britannico si è sentito sempre più investito da questa battaglia per la diversità e contro il razzismo. “I miei nonni sono dei Caraibi (Trinidad e Grenada) – disse alla BBC nel 2014 – Oggi sono l’unico rappresentante di questa parte del mondo a guidare in F1. In un primo momento, non ho pensato all’impatto e all’importanza della cosa, rompendo le barriere come le sorelle Williams nel tennis o Tiger Woods nel golf».

Il quotidiano ricorda che nel 2017 Hamilton aveva pensato di imitare il clamoroso gesto di protesta del quarterback Colin Kaepernick che in segno di protesta aveva cominciato a non alzarsi durante l’inno americano prima delle partite della Nfl. La stampa se ne accorse alla terza partita e gliene chiese conto, lui rispose che lo faceva perché non voleva onorare un Paese che opprimeva i neri. Kaepernick rescisse il suo contratto con i San Francisco 49ers e non trovò una squadra.

Hamilton – ricorda l’Equipe – aveva pensato di imitarlo durante il GP degli Stati Uniti, di mettendo un ginocchio a terra prima della partenza e poi di ritirarsi. La sua battaglia contro il razzismo l’ha incisa sul suo casco, come sulla sua pelle con un tatuaggio sulla schiena. “Still I rise” (mi rialzerò ancora) da una poesia di Maya Angelou figura americana di riferimento nel movimento per i diritti civili. «Quando era giovane – ha detto Toto Wolff lo scorso inverno – Lewis era l’unico ragazzo nero sulle piste. E so che ha sofferto. Lo ha reso più forte mentalmente, ma le cicatrici sono rimaste».

 

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#BlackLivesMatter

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