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Emilio Fede: «È stato orrendo. Arrestato come un boss mentre mangiavo un’insalatina»

Sul CorMez. «Ho già scontato sette mesi e sono autorizzato a muovermi per esigenze di cura. Dovevo andare dall’osteopata»

Emilio Fede: «È stato orrendo. Arrestato come un boss mentre mangiavo un’insalatina»

Ieri Emilio Fede è stato arrestato a Napoli, mentre festeggiava il compleanno in compagnia della moglie e di alcuni amici al ristorante-pizzeria “Antonio e Antonio”. L’accusa è quella di essere “latitante per evasione”. Il giornalista non avrebbe atteso l’autorizzazione del giudice del tribunale di sorveglianza milanese e, scaduti i 7 mesi di domiciliari, si sarebbe messo in viaggio verso Napoli. Certo, aveva informato i carabinieri di Segrate, ma le carte non erano ancora state trasmesse. Mancava, insomma, il via libera alla partenza.

Il Corriere del Mezzogiorno riporta i dettagli dell’accaduto.

Fede si era appena seduto al tavolo quando uno dei ristoratori lo ha avvisato che c’erano tre carabinieri in borghese che volevano parlargli. Gli hanno spiegato che dovevano arrestarlo e lui, incredulo, ha dovuto accettarlo. E’ uscito sorreggendosi al bastone, sulle gambe malferme, tra le rassicurazioni degli amici.

Oggi si si terrà l’udienza di convalida del fermo. Quasi sicuramente, scrive il quotidiano, Fede sarà liberato e gli sarà intimato di tornare nella sua abitazione di Segrate.

Sul Corriere del Mezzogiorno anche le parole del giornalista.

«E’ stato orrendo. Mi hanno arrestato come un boss, mentre mangiavo una semplice insalatina in compagnia di mia moglie. Una cosa che non si spiega in un paese civile. È stato terrorizzante».

Racconta di aver comunicato ai carabinieri che sarebbe venuto a Napoli per farsi visitare la gamba dal suo osteopata di fiducia.

«Dopo una bruttissima caduta sono costretto a muovermi con un bastone e a Napoli c’è un medico bravissimo. Così ho pensato di tornare qui per la visita e, al tempo stesso, per festeggiare il mio ottantanovesimo compleanno con mia moglie. Tenga presente che ho già scontato sette mesi e sono autorizzato a muovermi per esigenze di cura. Sei giorni fa, il tribunale di sorveglianza di Milano, precisamente il magistrato La Rocca, mi ha comunicato che mi era stata concessa una liberazione anticipata. A quel punto prima di partire per Napoli ho avvisato i carabinieri della caserma di Segrate a Milano dove risiedo. Ho preso il treno per il capoluogo campano e avrei fatto ritorno tre giorni dopo».

Ne ha approfittato per festeggiare il suo compleanno. Ma dopo poco che si era seduto a tavola, sono arrivati i carabinieri.

«Guardi non s’immagina come mi sono sentito, mi sembrava uno scherzo. Invece loro mi dicono che devo seguirli, mi fanno entrare in un’auto civetta e mi scortano nella mia stanza al Santa Lucia. Mi è stato intimato che dovevo rimanere qui recluso senza potermi affacciare alla finestra. E pensare che sono claustrofobico».

Nonostante la gentilezza dei carabinieri, continua, l’esperienza dell’arresto in pubblico resta.

«La cosa sconvolgente è che, nonostante la gentilezza dei militari, l’arresto in pubblico resta una esperienza orrenda, guardi non l’augurerei al mio peggior nemico. Mi sconvolge soprattutto un pensiero: è successo a me che sono in grado di difendermi, ma se capita a un poveraccio? Quello si trova la vita distrutta per sempre».

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