Mourinho: «Mi manca il calcio, mi manca il nostro mondo, ma dobbiamo essere prudenti»
A Marca: «Il mio Real era la migliore squadra di Spagna e Europa. Ricordo Callejón e Granero, che non erano titolari ma erano giocatori importanti per noi»

Su Marca una lunga intervista a José Mourinho. Racconta come sta vivendo la sua quarantena.
«Bene, la verità è che oggi sto guardando più calcio che mai a casa, analizzando e imparando molto da altre squadre e allenatori. Mi manca il calcio, mi manca il nostro mondo, ovviamente, ma ora dobbiamo essere pazienti e prudenti. Questa è una lotta che riguarda tutti noi e tutti dobbiamo intervenire».
Mou è per la ripresa del calcio.
«Se giocheremo le rimanenti nove partite di campionato, sarà un bene per ognuno di noi, buono per il calcio e buono per il Premier. Sarà un buon segno».
Anche se sarà un calcio a porte chiuse.
«Mi piace pensare che il calcio non sia mai a porte chiuse perché le telecamere saranno presenti e quindi milioni di persone lo guarderanno. Se un giorno entreremo a giocare in uno stadio vuoto, non sarà mai completamente vuoto».
Nell’intervista un lungo spazio è dedicato al Real Madrid, a quando Mourìnho ne era allenatore, nella stagione 2011-12.
“Quella stagione il Real Madrid fu la migliore squadra in Spagna e anche la migliore in Europa. Ecco perché è stato così difficile per noi affrontare l’eliminazione contro il Bayern in Champions League”.
Gli chiedono se fosse Ronaldo il calciatore più decisivo della squadra.
«Non mi piace individualizzare in nessuno, né in Cristiano né in altri. Ogni giocatore era molto importante perché ognuno di loro aveva un ruolo chiaro all’interno della squadra. Tutti volevano vincere gare, titoli e tutti sapevano che erano importanti perché vedevano che avevano contribuito a raggiungere quell’obiettivo. Ad esempio, in questo senso ricordo Callejón e Granero, che non erano titolari ma erano giocatori importanti per noi. La verità è che quella squadra meritava di vincere campionato e Champions».
Ai fan che ti hanno accusato di essere un allenatore difensivo, diresti qualcosa per convincerli del contrario dopo aver segnato 121 gol che rimangono ancora oggi come record del campionato spagnolo?
«No, guarda, non dico niente. È solo che la storia è lì e quindi non c’è niente che io possa dire di meglio. Alla fine tutto si riduce a quello, ciò che resta della storia. Bene, questo e i ragazzi che sono stato in grado di aiutare durante la mia carriera come allenatore in modo che potessero migliorare e diventare qualcuno nel mondo del calcio».