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Le 48 ore che possono stravolgere il calcio italiano

Oggii il governo, domani l’assemblea di Lega. Club sull’orlo del fallimento, la storica frattura con Sky, il futuro fosco sia economicamente sia dal punto di vista sanitario

Le 48 ore che possono stravolgere il calcio italiano

Prima il governo, poi l’assemblea di Lega

Ci siamo. È il gran giorno. Oggi, giovedì, il governo potrebbe dare il via libera al campionato di Serie A. Il condizionale è d’obbligo. Ieri il Bologna ha sospeso gli allenamenti perché ci sarebbe un positivo nello staff tecnico. Proprio il Bologna tra l’altro. Dove l’allenatore, Mihajlovic, rischia decisamente più degli altri.

Negli ultimi giorni si è registrato un apparente cambio di marcia. Il fronte del brevità, lo definiamo così per brevità, ha cambiato la forma dei propri interventi. Dal ministro Spadafora al presidente del Coni Malagò. Hanno ammorbidito i toni ma nella sostanza i loro dubbi sono rimasti. E sul punto chiave, quello relativo alla quarantena della squadra in caso di tesserato positivo, non c’è stato alcun arretramento da parte del Comitato tecnico scientifico. Il Bologna, per fare l’esempio più caldo, a questo punto dovrebbe fermarsi 14 giorni. E lo stop inciderebbe sul campionato.

Malagò è una persona da ascoltare con attenzione. Dieci giorni fa ha detto: «Il campionato riprenderà al 99%, ma non so se arriverà alla fine». Lo stesso Malagò ha buon gioco nel ricordare che in Bundesliga il sistema calcio si è presentato dal governo con un progetto chiavi in mano, senza spaccature, con accordi su tutto. Hanno registrato persino la novità Amazon che trasmetterà alcune partite della Bundesliga.

Dell’Italia, del sistema calcio italiano non si può dire la stessa cosa. I club solo apparentemente sono sulla stessa linea. Hanno votato compatti per non perdere i soldi di Sky (e di Dazn e Img) che peraltro sono a rischio. Ma sono divisi tra di loro. Così come i calciatori. Che sono spaventati per le conseguenze fisiche e non hanno gradito l’apertura della Figc ai club sulla questione stipendi.

I diritti tv

E poi c’è la grande questione diritti tv. Con la partenza dell’ingiunzione di pagamento a Sky, oggi rischia di essere un giorno da cerchiare in rosso sul calendario. Il giorno in cui può cominciare uno smottamento dalle conseguenze non immaginabili. Perché se la prospettiva migliore è quella di una futura riconciliazione, ci sono anche altri scenari da prendere in considerazione. Siamo certi che Sky voglia continuare a essere il principale finanziatore del calcio italiano? Anche Sky è alle prese con un terremoto interno, come documentato qualche giorno fa dal Fatto quotidiano. Non è affatto detto che ai nuovi proprietari di Comcast interessi proseguire nell’attuale politica. Il tetto di spesa per il calcio italiano potrebbe essere ridotto a mezzo miliardo.

Tra oggi e domani, giorno dell’assemblea di Lega Serie A, il calcio italiano ufficializza la frattura con Sky che per un ventennio ne è stato partner privilegiato. Ridurre questo passaggio a un contenzioso giuridico come un altro, suonerebbe decisamente superficiale.

Club senza soldi

Il tutto in un contesto in cui i club di Serie A, tra sponsor e diritti tv, non vedono un euro da febbraio. Non tutte le società hanno la solidità del Napoli. Ci sono club in grande difficoltà. Pieni di debiti, che non riescono a pagare i calciatori, e che si sono già fatti scontare dalle banche le fatture di pagamento che Sky non ha ancora pagato e che al momento non vuole pagare. Insomma il fallimento non è un approdo così lontano. Genova è certamente la città che rischia di pagarne le maggior conseguenze. Ma ci sono anche altri club, dal blasone altisonante, che si affideranno al modo di dire americano “too big to fail” che peraltro non valse per Lehman Brothers.

Per tutti questi motivi, è semplicemente irrealistico paragonare il calcio italiano a quello tedesco. Da noi, l’orizzonte è decisamente fosco. Gli scenari futuri sono imprevedibili. E se qualcosa non dovesse girare nel verso giusto, il calcio italiano potrebbe trovarsi a dover fronteggiare una crisi letteralmente mai vissuta.

Per ora, ci si è limitati alla battaglia dialettica, alla discussione sui protocolli. Adesso, però, bisogna spostarsi dalla teoria alla pratica. E rischia di non essere così facile.

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