Il punto debole di tutti i protocolli: impossibile evitare contagi se si gioca ogni tre giorni
E' l'opinione degli esperti interpellati da El Pais: è il problema di tutti i campionati europei. "Bisognerebbe studiare calendari flessibili, così una squadra può fermarsi per una settimana in quarantena"

Spagna, Italia, Inghilterra, persino Germania. Il calcio continua a girarci attorno, ma c’è un punto debole in tutti i protocolli stilati dai principali campionati europei per riprendere le competizioni: come fare in modo che, una volta riavviata l’attività, non sarà necessario interrompere tutto a causa di – possibili – positivi tra staff e giocatori?
E’ un nodo che non si riesce a sciogliere, e che tiene in standby governi e task force. Come garantire la sicurezza dei protagonisti. In Spagna come in Italia da oggi i calciatori possono tornare ad allenarsi individualmente, in Germania e in Premier già lo fanno. Ma una cosa è riprendere a correre, un altro conto è riavviare i campionati. El Pais ha consultato alcuni esperti, tra epidemiologi e virologi, e concordano tutti: è quasi impossibile.
Fernando Rodríguez Artalejo, direttore di Medicina preventiva e sanità pubblica dell’Università di Madrid, sottolinea il problema etico: “La Spagna ha la capacità di eseguire 50.000 test giornalieri. Ogni giorno potrebbero esserci 50.000 persone con sintomi compatibili con il coronavirus e per cui sarebbe indicato fare un tampone. Farli anche a persone perfettamente sane come i calciatori solleva un problema etico e legale. Comprendo che i giocatori abbiano condizioni speciali, ma in generale i test vengono eseguiti in laboratori molto specializzati, attualmente gestiti dal Ministero della Salute”.
La Spagna ha registrato oltre 220.000 casi ufficiali di nuovi contagi e oltre 25.000 morti, scrive El Pais. Supponendo che le 20 squadre della Liga fossero testate ogni tre giorni – contando da 50 a 80 persone ciascuna – per completare il campionato in un mese e mezzo, la sicurezza totale dei giocatori non potrebbe essere garantita”.
L’individuazione di tre positivi nel Colonia, in Germania, fa da spartiacque e potrebbe essere la crepa che finirà per mandare in pezzi le speranze di ripresa del calcio europeo.
Ci sono virologi che spingono Angela Merkel a decidere per l’isolamento dell’intera squadra del Colonia, ma il protocollo della Bundesliga prevede solo il confinamento dei positivi. Luis Cereijo, ricercatore di scienze dello sport e professore di biomedicina all’Università di Alcalá de Henares, condivide la linea dura: “Per essere sicuro che un giocatore infetto sia positivo, devi aspettare almeno una settimana dopo che si verifica l’infezione”, afferma Cereijo. “Per questo motivo, di solito ci vogliono 15 giorni. Considerando che ci sono campionati di calcio che prevedono di giocare ogni tre giorni, se trovi un positivo è possibile che dopo tre giorni testerai l’intera squadra e avrai falsi negativi. Perché la PCR fallisce, perché la carica virale non è sufficiente o perché lo sviluppo della malattia è diverso da ciò che è noto. Sappiamo molto poco di questo coronavirus. È già successo nell’NBA”.
“Qualsiasi sport di contatto, come il calcio, rende impossibili misure di distanziamento sociale”, dice l’epidemiologo. “Il calcio non è il tennis, né questo coronavirus è come l’Ebola, o l’influenza, che sono virus iperstudiati. Qui possono sorgere situazioni sulle quali non abbiamo una conoscenza assoluta. E i tamponi sono test sviluppati di recente. Il margine di errore è ampio. Il calcio può continuare ad esistere; ciò che non può esistere senza un vaccino è l’attuale struttura delle competizioni. Forse i campionati dovrebbero sviluppare un programma di gare flessibile, considerando la possibilità che una squadra possa fermarsi per una settimana”.
Servirebbe, inoltre, il ricorso a ritiri blindati. Senza famiglie. Sebbene giuridicamente discutibile, la misura ha senso epidemiologico per il dottor Rodríguez Artalejo: “Non conosco il quadro giuridico, ma il punto qui è che non stiamo trattando le persone normali”, afferma. “Per proteggere Messi sopra ogni altra cosa, deve essere isolato. I calciatori possono infettarsi giocando con i propri figli a casa. Se vuoi garanzie, non hai altra scelta che isolarlo”.