Paolo Rossi: «Saremo come la Russia anni 80: mascherine, guanti, lunghe code ai negozi. E stadi chiusi»
Intervista al CorSera: «È l’unica soluzione. Tre mesi o quasi senza partite potrebbero cambiare le gerarchie, non i valori, che restano»

Il Corriere della Sera intervista Paolo Rossi. Racconta che durante questa lunga quarantena sta rivedendo tutte le sue vecchie partite, soprattutto quelle dei Mondiali dell’82.
I campionati, anche per lui, vanno completati.
«Chi è chiamato a decidere avrà riflettuto bene sul da farsi. Non bisogna rischiare niente, la salute viene prima di tutto. Però i campionati vanno finiti».
Anche se non ci sono certezze.
«Certezze non ce ne sono. Siamo in balìa del virus e in questo momento ogni previsione rischia di essere azzardata o, peggio ancora, sbagliata. Se il calcio riparte, significa che stiamo tornando alla vita vera. Soprattutto che i sacrifici della gente chiusa in casa hanno portato dei benefici».
Dovremo abituarci ad una nuova vita, aggiunge.
«Ci dovremo adeguare a una nuova normalità. In attesa del vaccino niente sarà come prima. Mascherine, guanti, lunghe code davanti ai negozi come nella Russia degli anni 80. E stadi a porte chiuse. Sono tristi, però è l’unica soluzione».
Ma lo stop al campionato che abbiamo vissuto potrebbe cambiare qualcosa.
«Tre mesi o quasi senza partite potrebbero cambiare le gerarchie. Non i valori, che restano. Ma tanti fattori potrebbero incidere e condizionare la ripresa».
Ad esempio la nuova preparazione. Ma non solo.
«Banalmente la nuova preparazione. Oppure l’adattamento a giocare nel silenzio: qualche squadra riuscirà a trovare la concentrazione giusta, qualche altra farà più fatica».
Sulla fretta nel voler ripartire, ammette che il problema è economico.
«Spesso e volentieri è un problema di soldi. Sono nel consiglio del Vicenza, che ha una società solida e ambiziosa, ma in questo momento senza entrate di nessun genere ci siamo resi conto di quanto sia difficile tirare avanti. La A, alla fine, credo possa ripartite. La C farà molta più fatica».
Sui tagli agli stipendi.
«È una condizione necessaria. Sarebbe servito un accordo collettivo e invece noto che ogni club va per la sua strada. Certo, è difficile mettere insieme realtà così diverse. Bisognerebbe trovare un punto di equilibrio».