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Il giovane Obama alla ricerca della propria identità

Su Netflix il film “Barry” sulla gioventù nell’era reaganiana del futuro presidente degli Stati Uniti. L’ombra del padre, la tematica del razzismo

Il giovane Obama alla ricerca della propria identità

Quando ci si approccia a film di personaggi storici – in questo caso ancora viventi – la mia passione per il cinema rallenta come una moneta falsa. Non è il caso del film “Barry” – ora su Netflix – che nel 2016 ci raccontava il periodo universitario di tal Barack Obama che fino al 2017 sarebbe stato il 44esimo Presidente degli States. Il film scritto da Adam Mansbach e che ha come regista Vikram Gandhi ci racconta in realtà i primi anni d’università (1981-‘82) alla Facoltà di Scienze politiche della Columbia newyorchese di un ragazzo ventenne che non sapeva ancora chi fosse e cosa volesse.

Figlio dell’antropologa Anna Dunham (Ashley Judd) e di Barack Obama sr. economista keniano, Barry (Devon Terrel) approda a New York avendo visto una sola volta suo padre e ritardando metodicamente la possibilità di un nuovo contatto.

Nel 1981 quando entra nel Campus non sa chi è, ha una madre bianca ed un padre nero, ma vive come un figlio bianco che deve laurearsi e farsi una posizione nell’America reaganiana. Divide un appartamento con uno studente bianco Will (Ellar Coltrane), ma è amico di Saleem (Avi Nash) un ragazzo fatto di cocaina e fumo di origine orientale. Si trova una ragazza bianca Charlotte (Anya Taylor-Joy) figlia dei radical-chic Baughman, e gira per Harlem cercando di capire chi è giocando a basket in strada con i ragazzi del quartiere tra cui ha anche un collega all’università PJ (Jason Mitchell) che lo introduce nei bassifondi.

La mancanza del padre è l’elemento che non consente l’integrazione della sua personalità: non ama neanche la politica reale, anche se la studia. Ma il problema razziale prende corpo nella sua testa come elemento identitario. Un ragazzo che ha tutto ma che ha perdite di nostalgia di un qualcosa di indefinito: lo tengono in vita solo la curiosità per l’altro, lo studio, il ballo ed il basket.

I ragazzi di Haarlem lo chiamano “l’uomo invisibile” come il romanzo di Ralph Waldo Ellison – che Barry legge – che affronta il tema della ricerca da parte dell’uomo della propria identità e del suo posto nella società visto dalla prospettiva di un afroamericano senza nome nella città di New York degli anni quaranta. Barry non lo sa ma questo è il testo che determinerà, quaranta anni dopo, anche la sua identità. Insieme alla perdita del padre che entrerà improvvisa nella sua vita come un vespro siciliano. Barry si perdonerà e da quelle ceneri rinascerà con un posto nel mondo.

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