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Gasperini e il Covid-19: “In Lombardia siamo organizzati, cosa accadrebbe a Roma e a Napoli?”

Intervista al Corriere dello Sport: “Il calcio, in momenti come questo, è un antidepressivo. È come la peste ma avrei proseguito a porte chiuse”

Gasperini e il Covid-19: “In Lombardia siamo organizzati, cosa accadrebbe a Roma e a Napoli?”

Il Corriere dello Sport intervista l’allenatore dell’Atalanta, Gian Piero Gasperini. Il tecnico racconta il modo in cui ha vissuto, con la squadra, la trasferta a Valencia, dove, dice, il clima era completamente diverso da quello che si respira in Italia. E anche il rientro a bomba in Italia. All’arrivo a Valencia, lunedì, la città festeggiava l’arrivo della primavera. In piazza c’erano 150mila persone.

“Un dirigente del Levante, un italiano, mi spiega che per i valenciani è il momento più importante dell’anno. Noi li guardavamo come fossero dei pazzi. Poi c’è stata la partita a porte chiuse, la soddisfazione ai quarti, tutto è finito non appena abbiamo aperto gli occhi sull’Italia”.

Oggi, racconta, la squadra è disorientata. Il centro sportivo è chiuso, non ci si può riunire, allenarsi, le direttive del Governo parlano chiaro. E c’è incertezza su tutto, comprese coppe europee e Serie A.

“Nelle strade ci sono i posti di blocco, la percezione del dramma adesso è completa. La peste, è come la peste. La nostra vita è cambiata, la vita di tutti è cambiata. Un mondo rovesciato. Ho visto che hanno spostato le partite di Europa League, tra un po’ toccherà anche alla Champions, immagino. L’Italia è avanti di venti giorni rispetto ad altri Paesi, dubito che qualcuno possa azzardare delle previsioni sulla fine di questo incubo. Per quel che ci riguarda, nel giro di poche ore siamo passati dalla gioia per aver realizzato una grande impresa alla consapevolezza di vivere qualcosa di inimmaginabile. Sento soltanto le sirene delle ambulanze. State a casa, state in famiglia, non uscite. E da queste parti, in Lombardia, siamo sufficientemente organizzati, pur se in difficoltà. Mi chiedo cosa potrebbe accadere a Roma, a Napoli”.

Gasperini racconta che nei giorni in cui si è discusso della possibilità di fermare o meno il campionato è stato disturbato soprattutto da chi diceva che il mondo del calcio difende sempre e solo i suoi interessi. E aggiunge che, secondo lui, nonostante l’emergenza occorreva giocare a porte chiuse, perché il calcio è come un antidepressivo.

“Avevo gradito quel passaggio del primo decreto che consentiva al calcio professionistico di proseguire a porte chiuse, perché la funzione sociale del calcio soprattutto in situazioni di emergenza è chiara. Il calcio come antidepressivo, come forma di sopravvivenza, è così che lo considero. Le abitudini sono importanti, e non solo per noi italiani la visione di una partita, una parentesi di leggerezza, può risultare addirittura terapeutica. Hanno voluto dare un segnale forte, bah. Bisognava andare avanti con le porte chiuse, io la penso così”.

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