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Il richiamo della foresta, il vecchio cane Buck in versione edulcorata

La produzione sceglie di rendere antropomorfa la figura del cane, che, pur non perdendo la sua natura selvaggia, sente le sofferenze dei suoi padroni

Il richiamo della foresta, il vecchio cane Buck in versione edulcorata

Settimana nera per le sale cinematografiche italiane. Lo scoppio dell’epidemia del Covid 19 ha consigliato molte distribuzione di evitare le uscite in programma tra mercoledì 26 e giovedì 27 febbraio. Il Ligabue – “Volevo nascondermi” – dell’ispiratissimo Elio Germano, l’ultimo Verdone – “Si vive una volta sola” – e l’atteso Giallini cinematografico – “Non ci resta che il crimine” – sono stati differiti.

Per la nostra rubrica sui film in sala abbiamo scelto l’ennesima trasposizione al cinema de “Il richiamo della foresta”. Primo romanzo breve (1903) del californiano Jack London. Riproposto dalla 20th* Century Studios, diretto dal regista d’animazione Chris Sanders.

La sceneggiatura è di Michael Green. Professionista solido in questo tipo di produzioni che cambia un po’ la storia di Buck il cane protagonista del romanzo. E quella del suo incontro con John Thornton (Harrison Ford) edulcorandone il suo vissuto in Alaska.

La storia del romanzo è nota. Buck San Bernardo borghese di proprietà del giudice Miller (Bradley Whitford) viene rapito a Santa Clara e venduto nel Klodike ad un addestratore di cani per slitte. È infatti in piena attuazione “La corsa all’oro” quella frenesia collettiva che prese centinaia di migliaia di persone per il possesso dell’oro. Buck viene acquistato da un vettore di posta Perrault (il monumentale Omar Sy) che con la sua compagna Mercedes (Karen Gillan) rifornisce i capolinea dei cercatori. E questo tratto narrativo nel romanzo non c’è. Lo stesso dicasi per la figura di Thorton che nel romanzo è descritto come un uomo selvaggio e avido di pepite, mentre nel film è un uomo solitario che ha perso suo figlio ed è in crisi di senso.

Comunque nel film – come nel libro – il vero protagonista è Buck che asseconda il suo istinto naturale liberandosi del suo vestito borghese: anche London visse questa trasformazione nella sua vita come tantissimi suoi contemporanei. Un po’ quello che si sta verificando ai nostri giorni nella fuga da una società spersonalizzata verso la verità data dalla natura.

In ultima istanza c’è da rendere conto della scelta della produzione di rendere antropomorfa la figura di Buck con l’ausilio del computer. Il cane pur non perdendo la sua natura selvaggia sente le sofferenze dei suoi ‘padroni’… Al di là della resa si rispetta un dettato che era presente già nel testo di London. E Buck nonostante i computer ed il cambio di storie rimane sempre vivo: quindi attuale..

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