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Capello: «In Italia copiano il Guardiola di dieci anni fa. Le statistiche non servono a niente»

Alla Gazzetta: «Perché fare dieci passaggi se puoi lanciare? Il Liverpool fa così con Van Dijk e Salah. I dati servono solo a noi opinionisti, diciamo la nostra e andiamo a dormire»

Capello: «In Italia copiano il Guardiola di dieci anni fa. Le statistiche non servono a niente»

Fabio Capello è ormai una voce sempre più isolata nel calcio italiano. Oggi la Gazzetta dello sport pubblica una conversazione con lui che esprime concetti di buon senso ma che nel calcio di oggi – dove i passaggi contano più dei gol – sono sempre più anacronistici.

«Ora in Italia ci sono squadre che cercano di giocare come Guardiola però Guardiola è già dieci anni avanti: ha cambiato completamente il suo modo di giocare, non fa più il tiqui-taka. Se oggi guardi il Manchester City, gioca in verticale. Quando c’è bisogno di tener palla lo fa, però se ti fissi sui movimenti che fanno i giocatori, il gioco è strutturato in maniera tale che la squadra cerca sempre di entrare nell’area avversaria. In Italia provano oggi a giocare come faceva Guardiola dieci anni fa. Sto facendo una lotta incredibile contro questa tendenza, però non mi capiscono. Vabbé, non fa niente».

«Uno stile ti può portare alla vittoria, la filosofia di gioco invece da sola non vince nulla anche se la gente ama riempirsi la bocca con termini come spettacolo e tiqui-taka. Quando io venni al Real Madrid per la prima volta, nel 1996, avevo due eccezionali lanciatori, Hierro e Roberto Carlos: perché avrei dovuto fare dieci passaggi per portare la palla dove potevo arrivare con un solo colpo? Il Liverpool di Klopp con Van Dijk può far arrivare la palla a Salah in maniera diretta. E giustamente usa quest’arma. Se hai la possibilità di lanciare, perché non sfruttarla?»

«I dati mi uccidono. Servono solo per noi opinionisti, categoria alla quale appartengo: diciamo la nostra e poi andiamo a dormire tranquilli, senza preoccupazioni. 4-3-3, 4-4-2, 4-5-1, macché: il calcio è un’altra cosa. La differenza la fanno i giocatori e la può fare l’allenatore, la sua capacità di leggere una partita, d’intervenire, di cambiare, di reagire, di essere furbo e intuitivo. Altro che dati».

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