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Il Collana è socchiuso: palestre aperte, pista no. Perché? Chiedete alla burocrazia

L’Agenzia per le Universiadi non ha mai consegnato la pista, è in dismissione e ha trasferito i progetti alla Regione. Intanto si litiga a suon di comunicati

Il Collana è socchiuso: palestre aperte, pista no. Perché? Chiedete alla burocrazia
Lo stadio Collana

Lo Stadio Collana è aperto. Ufficialmente aperto. Tocca ripeterlo, perché dopo tre anni e due giorni di cancelli sbarrati va curata la sensazione di straniamento. Anche se più che aperto può dirsi socchiuso: oggi partono le attività delle due palestre, tra arti marziali e ginnastica artistica. La pista d’atletica, la regina, se ne sta ancora lì spoglia, nuova e inutilizzabile.

Il motivo è quello più scontato e deprimente: la consegna materiale della pista, ristrutturata per le Universiadi, non è stata effettuata. La Giano, che da società di costruzioni ha fatto il passo in più diventando società sportiva apposta per poter gestire l’atletica nell’impianto senza ulteriori intermediazioni, non dispone della pista. Per motivi strettamente burocratici: l’Aru non l’ha ancora rilasciata. Ma l’Agenzia regionale per l’Universiade è un ente in dismissione, e nel frattempo dice di aver trasferito tutti i progetti all’ufficio grandi opere della Regione.

D’altra parte la storia recente del Collana è soprattutto il romanzo del pasticcio di carte bollate, ritardi, malagestione della cosa pubblica, che nei vari passaggi amministrativi e giudiziari è diventato un bubbone inestricabile. Basti pensare che l’apertura 20 giorni dopo il preventivato 7 gennaio è figlia di un documento, il certificato antincendio, elaborato tardi e male, sbagliato e poi corretto. Tocca aspettare ancora, insomma.

Intanto va avanti in parallelo la faida a colpi di comunicati tra la Giano e le ex associazioni rimaste fuori dalla nuova gestione. Alla prima nota della impresa, rilasciata sabato sera, ha risposto a stretto giro, domenica, quella del portavoce delle “vecchie” società Sandro Cuomo.

Cuomo richiama la questione della CILA difforme (per la quale addirittura il Comune di Napoli aveva preconizzato i sigilli dell’antiabusivismo, mai arrivati) e poi torna su quello che chiama

“il vero problema, ovvero che non si comprende perché un bando nato con la giunta Caldoro nel 2014 per produrre una entrata nelle casse della Regione Campania di circa 10 milioni e 200mila euro (7 milioni di lavori e 3 milioni e 215mila euro di canoni) venga trasformato con la giunta De Luca in una spesa per lo stesso ente di circa 15 milioni (8 milioni più altri 7 di benefit vari), questo, a nostro avviso, è il vero scandalo al quale ci opponiamo fermamente! Tra quello che prevedeva il bando e la trasformazione di De Luca c’è un gap di più di 25 milioni di euro, tutto a spese dei cittadini per consentire una operazione imprenditoriale privata, questo è inammissibile e tutti devono sapere cosa sta succedendo!”.

La Giano si dice stanca di fare da capro espiatorio, riferendosi testualmente

“sia a coloro che sono stati esclusi dalla gara per gravi irregolarità, e che oltretutto intendevano realizzare nell’impianto sportivo attività commerciali, ristoranti e bar come documentato negli atti pubblici, sia a quelle associazioni che da tempo hanno assunto un’improvvisata funzione di giudici anche sul nostro operato alimentando una interessata confusione presso le autorità e verso gli sportivi”

Le ex-associazioni rispondono:

“Viene da sorridere leggendo come Giano sottolinei che ‘a proprie spese’ abbia recintato il campo e la pista, quando a proprie spese il loro impegno assunto in gara era quello di ristrutturare l’intero impianto, oltre che a pagare un canone di concessione”. “E’ patetico il tentativo di addossare le responsabilità delle proprie inadempienze ad altri…”.

Chiudendo così:

“Siamo contenti che il Collana riapra, ma le leggi e le regole devono essere uguali per tutti, nel rispetto di chi ha partecipato al bando e di chi semplicemente avrebbe potuto parteciparvi, se solo avesse conosciuto tutte le agevolazioni cui sarebbe andato incontro”. “E’ ora che ciascuno si assuma le proprie responsabilità: la Regione revochi l’atto aggiuntivo con il quale “regala” di fatto 15milioni al concessionario; il Comune intervenga se c’è da intervenire in virtù delle numerose e sostanziali irregolarità che l’ente stesso ha rilevato e verbalizzato; il concessionario tenga fede agli impegni assunti in gara, portando a termine il suo progetto e con i propri fondi, e se ciò non fosse possibile, la Regione ne tenga debito conto, prima che intervengano Corte dei Conti o Procura della Repubblica; Il Coni imponga l’utilizzo sportivo non commerciale dell’impianto e tenga conto concretamente delle Associazioni del territorio rimaste fuori dopo decenni di sacrifici e di partecipazione alla crescita sociale e sportiva del territorio. Se i fondi per la ristrutturazione fossero privati, allora andrebbe anche bene cosi, ma dal momento che sono pubblici, sarà necessario che la gestione torni ad essere pubblica, ma con l’esperienza fatta nel passato, si costituisca una trask force tra Coni, Regione e Comune, con concessioni pluriennali a garanzia dei concessionari”.

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