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Gli 80 anni di Gianni Di Marzio: il primo napoletano allenatore del Napoli, odiato da Lauro perché comunista

L’allenatore identitario, trent’anni prima di Guardiola. Ferlaino chiamò lui per sbrogliare la contesa tra Pesaola e Vinicio. Col suo esonero nacque la clausola di riservatezza

Gli 80 anni di Gianni Di Marzio: il primo napoletano allenatore del Napoli, odiato da Lauro perché comunista

Gianni Di Marzio era alla moda prima che arrivasse la moda. L’allenatore identitario. Doveva essere un Guardiola trent’anni prima di Guardiola. Il ragazzo di casa sulla panchina di casa. Prendi a Mergellina uno che conosce il tuo mondo e gli affidi la squadra. Adesso lo fanno al Chelsea, al Manchester United, all’Arsenal (cioè li prendono nel loro mondo, non che li prendano a Mergellina). Nel 1977 Gianni Di Marzio era il primo napoletano che allenava il Napoli. A 37 anni. La stessa età che aveva Pep quando gli diedero il Barcellona. La filosofica spaccatura dell’epoca in città – figurarsi se non ce n’era una – opponeva i vinicisti ai pesaolisti (in realtà nessuno azzardava simili obbrobri linguistici ma ci siamo capiti). In sostanza un dibattito ante litteram tra giochisti e risultatisti (ahia, la lingua). Come in Argentina tra menottismo e bilardismo. Pesaola era l’allenatore che se ne stava andando con una semifinale di Coppa delle Coppe. Vinicio era il ricordo di una magnifica stagione di bel gioco. Quando al trentasettenne Di Marzio chiedono di dichiarare il suo modello, al primo giorno da allenatore del Napoli la risolve in modo geniale. “Non sarà il mio Napoli, ma il Napoli dei napoletani. È come se in panchina andasse uno degli ottantamila. L’importante è che ci sia ritmo, velocità, grinta”.

Ottanta anni l’8 gennaio

Negli 80 anni che Gianni Di Marzio compie in queste ore, ci sono molte vite unite dal filo comune della vivacità di pensiero. Non è stato un calciatore di vertice. Ma da allenatore si era fatto conoscere prendendo il posto di Vinicio al Brindisi e poi portando in Serie A il Catanzaro, che è come dire l’Empoli dell’epoca. “Il futuro del calcio sta nei giovani – dice quando si presenta a Napoli – occorre gente che abbia voglia di correre e affermarsi. Anche Inter e Milan hanno capito che per un paio di anni ancora sarà difficile stroncare l’egemonia delle due torinesi. Oggi in serie A il terzo posto è già uno scudetto. Si può diventare grandi solo programmando. Per anni il Napoli ha puntato sui nomi: ma cosa ha mai vinto con i Gratton e i Pivatelli? E allora? Smettiamola di farci prendere in giro e impariamo una volta per sempre”. D’altra parte gli hanno tolto in un colpo solo Carmignani, Burgnich, Pogliana, Vavassori, Esposito, Montefusco, Orlandini e Speggiorin. Che deve dire? Reinventa una squadra con otto titolari nuovi su undici. Fa debuttare i diciassettenni Musella e Ferrario, la meteora Mocellin, e in porta deve fare con il povero Mattolini, che a Perugia mette a segno un autogol clamoroso seguito dal lancio di una scarpa di un tifoso esasperato.

Il mondo di Di Marzio

Lungo questo viaggio improbabile e avventuroso che porterà il Napoli al sesto posto, qualificato per la Coppa Uefa, e in finale di Coppa Italia, con un Antonio Juliano tormentato dalla pubalgia, Di Marzio incappa nelle ire del comandante Achille Lauro. Non è più il proprietario né il presidente ma è sempre Achille Lauro. Il comandante s’incazza perché si è messo in testa che Di Marzio è un cripto-comunista, esatto, comunista, nella città del primo sindaco rosso, Maurizio Valenzi. Lauro crede di averlo dedotto dal fatto che Di Marzio compila la schedina con i suoi consigli per i lettori dell’Unità. Tutte le settimane. Gli pare chiaro che così stia favorendo un colpo di fortuna per il proletariato. Non solo. Sceglie sempre di farsi intervistare dal TG2, la rete di sinistra. Ma Di Marzio comunista non è. Né allora né oggi. Si affanna a spiegare già all’epoca e di nuovo oggi che sull’Unità scrive per amicizia con un suo cronista, Marino Marquardt, ed è amico in Rai di Maurizio Barendson. Lauro? Non si convince. Il Roma attacca ogni giorno quel bolscevico, stessa cosa fa Canale 21, all’epoca la televisione del Comandante. 

Il suo metodo

Sono gli anni in cui alla compagnia dei carabinieri di Fuorigrotta è stato mandato Norberto Capozzella, capitano trasferito di urgenza dal Celio dopo la fuga di Kappler, il boia delle Ardeatine. Capozzella vigila su bagarini, falsari, guappi a vario titolo, e pure sul Calcio Napoli. Di Marzio è avanti perché non gestisce la squadra come il classico allenatore sergente di quegli anni, come Bersellini o Radice. Di Marzio i suoi giocatori li coccola. Regala giocattoli ai loro figli, collane di avorio alle signore, alle fidanzate braccialetti e champagne. Per Savoldi litiga con Bearzot che non lo convoca mai. “Savoldi in 10 anni ha segnato più di Graziani e Pulici messi insieme: Savoldi 122 gol, Pulici 81, Graziani 50. Se Bearzot porta l’Italia al San Paolo, rischia di sentire per tutto il tempo il coro Beppe, Beppe”. I giocatori lo adorano. Ma quando è troppo è troppo. In ritiro a Bressanone fa montare un recinto con dei teloni intorno al campo d’allenamento, perché il prato confina con la piscina comunale dove passeggiano e prendono il sole le turiste bavaresi e austriache in bikini. “Non potevo tollerare una certa situazione – spiega –  i ragazzi si distraevano. Vuoi che non guardassero quelle favolose donne mezze nude?”. 

La scaramanzia

Un problema a dire il vero c’è. Quando arriva da Catanzaro a Napoli, Di Marzio si preoccupa di avere un incontro con Enzo Berri. Berri fa il presentatore ai festival, recita nelle sceneggiate con Nunzio Gallo, Mario Merola e Antonio Buonomo. Dirige le feste di piazza. Soprattutto Berri ha la fama di orientare gli eventi. Dispensa a suo piacere il bene e il male. I giornali dell’epoca gli attribuiscono la seguente frase: “Per i miei nemici guai neri; per chi mi vuol bene e mi rispetta, Sisal e figli maschi”. Aspettando già un figlio maschio, senza pretendere la Sisal, Di Marzio pensa di fare pace con Berri perché dopo qualche contrasto il Catanzaro era retrocesso in Serie B. Ora, va bene fare gli illuministi coi lettori dell’Unità, ma la moglie viene descritta come una donna assai superstiziosa. Gianni manda un biglietto a Berri, due righe, una battuta, le sue scuse, un appuntamento al ristorante Da Mimì. E sia, si stringono la mano. Il Napoli regala a Berri un abbonamento omaggio. Solo che la domenica della prima partita in casa, seconda giornata Napoli-Juventus, chiede un biglietto per il suo amico Nunzio Gallo. Il Napoli glielo nega e finisce che perde. Berri si vanta in pubblico del fatto che le sue profezie si avverano se si incontra un monaco nel giro di un’ora. Nel dubbio, alla terza giornata Di Marzio lo vuole sull’aereo che porta la squadra a San Siro. Qualcosa deve essere andato storto durante il viaggio, perché il Napoli perde 1-0 con l’Inter.

L’esonero per difensivismo

Il suo secondo anno dura due partite. Ferlaino ha comprato Castellini e Caporale, due anni prima campioni d’Italia col Torino, più dal Vicenza Roberto Filippi, premiato con il Guerin d’oro di miglior giocatore del campionato. Una vittoria con l’Ascoli, una sconfitta a Firenze e l’esonero. Di Marzio viene condannato con la colpa di essere difensivista, ma difensivista convinto, tant’è che ancora oggi gli viene attribuita la frase secondo cui davanti al portiere “serve una linea Majoret”. Gli danno la colpa di aver fatto calare gli incassi degli abbonamenti nonostante tutti quegli acquisti. “I successi tecnici – spiega Ferlaino – devono essere confortati anche da quelli economici”. Meglio che torni Vinicio con la sua valigia di bei ricordi. Il Napoli decide l’esonero mentre Di Marzio è ospite in una tv privata di un talk show condotto da Gianni Rivera. Con l’addio arriva un’altra innovazione: la clausola di riservatezza. Il Napoli gli garantisce lo stipendio per il resto dell’anno a patto che non vada in televisione e non scriva per giornali. Di Marzio era stato invitato dal TG2 a condurre Eurogol. Il Guerin Sportivo gli offre una rubrica. Antonio Corbo sul Corriere dell’informazione scrive che le tv locali se lo contendono “quasi fosse Amanda Lear”. I calciatori gli regalano una medaglia. Un esonero alla seconda giornata nel calcio italiano non si era mai visto. Curioso che col tempo Di Marzio sarebbe diventato amico e consulente di Maurizio Zamparini, uno che quel primato ha provveduto a demolirlo, inizialmente cacciando Glerean dopo la prima giornata e poi facendolo suo per sempre con l’esonero di Pioli addirittura prima che iniziasse il campionato. 

La musica di Lecce

Di Marzio sarebbe rimasto avanti pure nell’estate del 1981 a Lecce, dove fa allenare i calciatori con le cuffie dei walkman  alle orecchie. C’è un nastro diverso per ogni calciatore. “Le incisioni sono state direttamente preparate da me. Ai tipi calmi ho dato cassette con musica svelta e viceversa. Ma per evitare condizionamenti che la musica provoca, ho fatto degli stacchi. A intervalli regolari, la musica si interrompe e si sente la mia voce. Il giocatore viene così riportato alla realtà con consigli e incitamenti. Nel calcio occorre rinnovarsi, anche noi allenatori abbiamo l’obbligo di stare al passo con i tempi. Molti sapranno che gli olandesi per produrre quel latte sempre migliore hanno installato gli amplificatori nelle stalle. Anche i cavalli sono diventati più competitivi nella corse ascoltando certe nenie. Perché non provare con i calciatori, mi sono domandato?”. La musica era chiaramente così così, il Lecce chiude al tredicesimo posto in Serie B.

Il talent scout

Non è mai più diventato il Guardiola del Napoli ma ha portato il Catania in Serie A. Ha vinto il Seminatore d’oro della Serie B. Ha fatto l’opinionista per Dahlia e il commentatore per Conto TV. È l’unico al mondo a poter dire di aver consigliato Maradona al Napoli quando aveva 17 anni e si poteva prendere per 200 milioni (ma le frontiere erano chiuse) e Ronaldo alla Juventus di Moggi quando era allo Sporting e ne aveva 18. A ottant’anni potrebbe avere ancora un nome buono scritto da qualche parte, su un quaderno, un foglio di carta, un tovagliolo. Perquisitelo. Trovatelo. 

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