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El Paìs: l’abiura del 4-3-3 (e l’anatema del 4-4-2) sono costati a Valverde l’esonero dal Barcellona

Il rifiuto di Messi di partecipare al pressing alto indusse il tecnico a cambiare schema. Ma il club ha sempre avuto il sospetto che Valverde lo utilizzasse come alibi

È arduo non dare ragione Mourinho quando dice: «Chi capisce solo di calcio, non capisce niente di calcio». Basta osservare quel che sta accadendo in questi giorni a Barcellona dove – dopo due anni e mezzo e due campionati consecutivi vinti – il club ha esonerato Valverde. Reo sì di essersi fatto eliminare in Champions da Roma e Liverpool, ma soprattutto di abiura. Abiura tattica, che poi vuol dire abiura storico-politica. L’addio al pressing alto e quindi l’addio al 4-3-3 in fase difensiva (gli schemi di gioco  sono sempre riferiti alla fase difensiva). El Paìs dedica una pagina – la prima dello sport – al dilemma tattico che ha sconvolto il Barcellona e ha portato all’avvicendamento dell’eretico Valverde con l’ortodosso Setién. Ne ha scritto ieri Angelo Carotenuto sul Corriere dello Sport: ha scritto di allenatore identitario.

La rivoluzione di Guardiola

Diego Torres ripercorre i due anni e mezzo di dibattito che Valverde ha provocato nella direzione sportiva del Barcellona. Il punto riguarda la tattica, una fase di gioco: il pressing alto. Scrive El Paìs:

La transizione dall’attacco alla difesa e dalla difesa all’attacco non solo ha definito la rivoluzione del Barça di Guardiola tra il 2008 e il 2012. L’organizzazione delle squadre per reagire collettivamente, sia alla perdita che al  recupero del pallone, ha segnato i più grandi progressi tattici del calcio nell’ultimo decennio ed è stato il combustibile del lungo dibattito interno che lunedì ha condannato Ernesto Valverde come allenatore di Barcellona a beneficio di Quique Setién.

Il no mas di Messi

Che cosa era successo? Era successo che un bel giorno Valverde disse ai maggiorenti del club catalano che non era più possibile continuare col pressing alto alla Guardiola, perché un certo Lionel Messi non aveva alcuna voglia di partecipare alla pressione in avanti finalizzata al recupero del pallone.

Valverde sosteneva che per sviluppare il 4-3-3 ortodosso i suoi tre attaccanti avrebbero dovuto dividersi il lavoro senza palla secondo la formazione dell’avversario. Così, la punta sinistra si sarebbe occupata del dirimpettaio destro e così via. L’attaccante destro era Messi. Poiché l’argentino non voleva stancarsi in questo lavoro, Valverde avvertì che la pressione alta avrebbe comportato il rischio di creare regalare all’avversario un uomo libero all’inizio dell’azione. E in alternativa propose di formare due linee difensive, in un 4-4-2.

El Paìs racconta che questa visione aveva trovato anche difensori della direzione sportiva del Barcellona. E cita Juanma Lillo che aveva riconosciuto come pressare con un uomo in meno fosse molto complicato. “Ci sono tre attaccanti (contando ancora Messi), ndr) per fare pressing a quattro difensori più il portiere. Un traditore vale mille uomini coraggiosi, uno che diserta rende sterile il lavoro degli altri”.

L’eresia del contropiede

Ma – prosegue il quotidiano – nella cattedrale del Barça non si è mai estinto il sospetto che Valverde utilizzasse la presunta ritrosia di Messi per rinviare lo sviluppo del 4-3-3 e passare al 4-4-2 con gli attacchi dello spazio da parte di Messi e Suarez in contropiede. Diciamo noi: contropiede, anatema! “Dopotutto – prosegue il giornalista Torres – Valverde è stato discepolo di Clemente all’Espanyol prima che giocatore del Barcellona con Cruyff”.

Al Barcellona hanno provato a fare buon visto a cattivo gioco – prosegue El Paìs – anche perché, almeno in campionato, i risultati arrivavano. Addirittura il primo anno – 2017-2018 – il Barça concluse il girone d’andata con 52 gol fatti e 9 subiti. Piano piano, però, la solidità difensiva ha perso d’efficacia e quest’anno – il terzo di Valverde – il girone d’andata si è chiuso con 49 gol fatti e 23 incassati.

I primi scricchiolii e il rifiuto di formule alternative

I primi scricchiolii sono arrivati con l’eliminazione in Champions contro la Roma. Quella sconfitta diede forza ai sostenitori dell’ortodossia catalana.

Ad eccezione di Piqué, la strategia minava la fiducia di tutti i ragazzi cresciuti nella Masia. Come ha detto un analista del club: “Xavi, Iniesta o Busquets avrebbe avuto non poche difficoltà a giocare se fosse esistita solo la formula utilizzata da Valverde all’Athletic Bilbao”.

Gli acquisti di Griezmann e De Jong sono stati proprio la risposta del club alla necessità di ricostruire un’identità basata sul pressing alto. L’eliminazione col Liverpool è stato un passaggio fondamentale. Il 4-4-2 in fase difensiva non andava più bene, l’allenatore avrebbe dovuto trovare formule alternative. Nonostante il diniego di Messi a un certo tipo di lavoro. Una formula prevedeva il pressing più blando di Messi e Suarez e la partecipazione di De Jong al lato opposto di Griezmann. Ma questo avrebbe Busquets a uscire in pressing su un dei centrocampisti avversari e avrebbe quindi scoperto il Barça. Valverde – “in sintonia con la scuola italiana” – si oppose. Rimaneva la formula utilizzata da Guardiola al City, con il laterale difensivo destro ad andare a fare pressing al posto di Messi. Avrebbe consentito a Busquets di mantenere la posizione, a patto che Piqué monitorasse la fascia destra.

Valverde si è opposto anche a questa soluzione. E ha preferito che la squadra continuasse a difendere arretrando invece che pressando alto. Ed è finita come è finita.

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