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Anastasi un grande attaccante simbolo dell’emigrazione di massa alla Fiat

Garanzini su La Stampa ricorda le sue gesta in campo e il suo passaggio alla Juventus negli anni in cui Torino viveva una vera e propria emigrazione di massa

Anastasi un grande attaccante simbolo dell’emigrazione di massa alla Fiat

Tanti, ovviamente, sui quotidiani italiani i doverosi omaggi a Pietro Anastasi scomparso ieri, a 71 anni. Anastasi, di Catania,  è stato un grande attaccante italiano, ha vissuto i propri anni migliori alla Juventus. Ci arrivò dal Varese. Ha poi giocato con Inter, Ascoli, Lugano. In Nazionale (25 presenze, 8 reti) fu protagonista dell’Europeo del 68, segnò un gol nella finale vinta 2-0 contro la Jugoslavia.  Abbiamo scelto stralci de La Stampa, di Gigi Garanzini.

Rientrava, svariava, scattava, trascinava. Una furia, sull’intero fronte d’attacco, di quelle che la porta la sentono senza bisogno di vederla: come il 10 giugno del ’68, a vent’anni, quando una mezza girata improvvisa dal limite sigillò il primo e tuttora unico Europeo azzurro. Giocava ancora a Varese, quell’anno, e già se ne diceva un gran bene. Ma fu il sensazionale 5-0 alla Juve dei primi di febbraio, scandito da tre suoi gol, a cambiargli la carriera e la vita.

Finì alla Juventus che in quel periodo acquistò calciatori meridionali: lui, Furino. Cuccureddu, Causio. Lo strappò all’Inter che di fatto la aveva già acquistato.

Con la tifoseria bianconera fu amore a prima vista. Non solo il ragazzino ci dava dentro come un matto, con quegli strappi improvvisi, con smarcamenti continui che era l’istinto a dettargli, con la generosità a tutto campo, con quei fior di gol che segnava. Ma prima ancora per la sua sicilianità, in un’epoca in cui era stata una vera e propria migrazione di massa dal sud a dotare gli stabilimenti torinesi della Fiat di nuova manodopera: non a caso i più amati dal Comunale bianconero di quegli anni furono il catanese Anastasi, il leccese Causio, il palermitano Furino. E quando dopo tanto tempo e non poche disavventure, Anastasi tornò in quello stadio con la maglia dell’Ascoli nel dicembre del ’79, un suo gol che condannò la Juve alla sconfitta fu salutato da un’ovazione del pubblico che scattò in piedi commosso.

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