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The App, il film sul mondo dell’identità digitale di Elisa Fuksas

Un universo che ti ossessiona non lasciandoti mai solo, ma che in realtà segue la tua ombra ed i tuoi desideri non fondati

The App, il film sul mondo dell’identità digitale di Elisa Fuksas

Aspettavamo questo “The App”, il film sul mondo dell’identità digitale diretto dalla giovane regista Elisa Fuksas. Non ci è dispiaciuto, con i dovuti limiti che cercheremo di spiegare qui.

C’è Nick (Vincenzo Crea) un ragazzo appena ventenne che deve interpretare Gesù Cristo in un film internazionale. Nick ha una ragazza, Sara (la già notata Jessica Cressy, protagonista in “Martin Eden”), che deve dare la tesi su una App “Noi” e gli chiede di iscriversi per valutarla.

Nick – figlio di una schiatta industriale – vuole fare l’attore ed è in lite con il padre perché non è d’accordo su una fusione aziendale. Ma non c’è solo questo a turbare la sua quotidianità perché il giovane ha dei problemi di equilibrio e di vertigine che gli derivano da paure infantili.

Prima dell’inizio delle riprese è a Roma all’Hotel Parco dei Principi e lì incontra Ofelia (Greta Scarano) che gli viene affidata come governante della sua suite e che si rivelerà come una fanatica religiosa. Si instaura quindi un triangolo: Sara, la ragazza che lo secuta e che gli darà una notizia che lo turberà, Ofelia che si interessa a lui e Maria la donna che ha conosciuto sulla App e che sembra sapere tutto di lui.

La situazione degenera per Nick: per il film, in famiglia e nei rapporti con Sara… Si ritroverà solo ma con un nuovo inizio.

La Fuksas mette in luce il mondo della digitalità che ti ossessiona non lasciandoti mai solo, ma che in realtà segue la tua ombra ed i tuoi desideri non fondati. Un mondo che sa tutto di te e ti impedisce di vivere e forse non ti fa capire se esisti o no…

Il film, sebbene sia riuscito a porre in evidenza le ragioni per cui la libertà digitale ed i social prosciugano la nostra vita, ci lascia un senso di inappagato, come se si fosse omesso un qualcosa di importante per capire meglio.

Forse ci sarebbe stato bisogno di legare meglio le storie: o forse, chissà?, regista e sceneggiatori volevano rendere il distacco profondo tra la perfezione falsa delle identità digitali e la discrasia reale delle storie di vita.

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