ilNapolista

Francesco Merlo: «Ancelotti come Cuoco, vittima della Napoli dei lazzari (che comprende Adl)»

Su Repubblica definisce De Laurentiis “pittoresco esemplare dell’altra Napoli, quella del vittimismo, della pernacchia scomposta: i veri lazzari, quelli di cui parlava Croce, sono i poveretti ricchi e potenti”.

Francesco Merlo: «Ancelotti come Cuoco, vittima della Napoli dei lazzari (che comprende Adl)»

Il Calcio Napoli, come avrebbe previsto anche un bambino di tre anni, sta uscendo letteralmente a pezzi mediaticamente dall’esonero di Ancelotti. Le firme e i giornali che realmente fanno opinione in Italia, stanno quotidianamente fornendo un’immagine di De Laurentiis che è sovrapponibile a quella dei personaggi dei suoi film di Natale. Ha mediaticamente – e probabilmente non solo mediaticamente – compromesso lo splendido lavoro che ha compiuto in 15 anni di presidenza del Calcio Napoli. Oggi su Repubblica, nelle pagine della Cultura, Francesco Merlo fa letteralmente a pezzi il presidente del Napoli e la città che lui rappresenta. La Napoli dei lazzari, scrive Merlo che paragona l’esonero di Ancelotti all’esilio di Vincenzo Cuoco. Il titolo è: “La Napoli dei lazzari e quella raffinata di Ancelotti”. L’altro giorno Antonio Polito («Con l’esonero di Ancelotti, De Laurentiis ha riportato il Napoli tra le provinciali»), oggi Francesco Merlo.

Leggo che «con il suo elegante e virtuoso gentiluomo, ricco di lumi, la città di Napoli non è stata generosa» e scopro che non si parla dell’esonero dell’allenatore Carlo Ancelotti ma dell’espulsione di Vincenzo Cuoco e dei repubblicani del 1799. Non quelli che furono fatti a pezzi, persino arrostiti e mangiati mentre le loro teste decapitate erano prese a calci per strada, ma quelli che furono soltanto esiliati come appunto Cuoco.

Il confronto serve a dimostrare quanto possano ancora soffrire la sapienza e l’eleganza a Napoli, che è la sola grande capitale che abbiamo avuto e – mai dovremmo dimenticarlo -, ma è anche la città dei lazzari, spietata con i suoi figli migliori. Dunque Ancelotti è come Cuoco.

Senza entrare qui in valutazioni tecniche, non c’è dubbio che, la settimana scorsa, sia stato esonerato il cavaliere educato che sorrideva di se stesso e di imbarazzo, lo stile che non strizzava l’occhio al bullismo, il modello di comandante “antiSchettino” (un “lazzaro” di Castellamare di Stabia), non codardo ma generoso con i suoi e con gli avversari. E Napoli sembrava toccata dalla grazia di Ancelotti, così diverso dal suo presidente Aurelio De Laurentiis, pittoresco esemplare dell’altra Napoli, quella dei corni rossi e di Pulcinella, del vittimismo, degli istinti, della pernacchia scomposta.

Del resto Ancelotti non somigliava neppure al sindaco Luigi De Magistris né al governatore Vincenzo De Luca, i due vecchi cacicchi travestiti da moderni diavoloni plebei che da tempo provano a inchiodare Napoli al destino crociano di “città dei lazzari”.

Merlo prova a fare un richiamo alla Napoli raffinatamente popolare. Cita Roberto De Simone, Riccardo Muti, Mario Martone, i fratelli Servillo, Marino Niola. E conclude:

Benché nei vocabolari i lazzari siano i popolani lebbrosi e miseri, a Napoli i veri lazzari, quelli di cui parlava Croce, sono i poveretti ricchi e potenti: padroni, sindaci, governatori e presidenti. Come Ferdinando I, “il re lazzarone”.

ilnapolista © riproduzione riservata