Dzemaili: “Con Sinisa il Bologna è diventato una vera famiglia”

La Gazzetta dello Sport intervista il capitano del Bologna. "Quando ci disse della sua malattia piansi. Prima di quella botta fra noi giocatori dicevamo che con lui avremmo mangiato il mondo. Ma ci arriveremo"

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La Gazzetta dello Sport intervista Blerim Dzemaili, capitano del Bologna in un anno particolarissimo, data anche la malattia di Sinisa Mihajlovic. E proprio dell’allenatore parla, a lungo, l’ex Napoli.

Dzemaili racconta l’arrivo di Sinisa al Bologna, nel gennaio 2019:

«E’ arrivato col sorriso e portando la serenità di cui necessitavamo: “Ragazzi, voi avete addosso una qualità pazzesca, non potete stare lì in basso, è assurdo”. E dal primo giorno ha dato un’idea di calcio. Ora lo posso dire: fosse arrivato un mese dopo, oggi saremmo in B. Quando venne da me, disse: ”Devi farmi la differenza, sennò sei un giocatore perso”. Mi diede una scossa e una carica pazzesche».

Il capitano racconta la metodologia di Sinisa, che comprende anche la visione di film motivazionali.

«Mai successo nella mia carriera. Mai. Quando ci fece vedere “Il volo della fenice”, a un certo punto stoppò tutto e ci chiese: “Voi quale personaggio vi sentite in questo momento?”. In 24 su 25 rispondemmo la stessa cosa, ovvero quello più egoista che pensava solo a se stesso. Morale: non eravamo un gruppo. Cosa che nel film hanno poi fatto, riuscendo a salvarsi la vita».

A fine stagione la squadra pensava che il tecnico andasse via, poi invece lo ritrovò a luglio in ritiro. Ma i primi giorni Sinisa non si presentò in allenamento, perché aveva la febbre. Questa era la versione della società. Poi, al terzo giorno, l’ufficio stampa convocò la squadra e disse ai calciatori che il mister voleva parlare con loro.

«Quel collegamento via skype ci rimarrà nella mente tutta la vita. Era il 13 luglio e piansi. Sa cosa dicevamo fra noi giocatori prima di quella botta? Che con lui avremmo mangiato il mondo. Ma ci arriveremo».

Con la malattia di Sinisa, racconta Blerim, la squadra si è unita ancora di più, complice la presenza del tecnico anche a distanza, con allenamenti in video e collegamenti Skype. Poi, contro il Verona, la sorpresa.

«Apro internet e leggo “Stasera Sinisa sarà in panchina”. Non ci credo, poi arriva l’ora della riunione tecnica, andiamo nella sala adibita e il monitor per skype è spento. “Ciao ragazzi, sono qui: non abbracciatemi, ma sono qui, ve lo avevo promesso”. Reazioni? S’è visto di tutto. Anche se non stava bene era lì: questo è lui».

Blerim racconta la visita in ospedale, per salutarlo dalla finestra e anche la partita contro il Brescia.

«Tramite il suo staff, ci disse anche di avere coraggio, di giocare. A me due giorni dopo disse: “Blerim, ascolta: la prossima volta non portare tuo fratello. Grazie”. Aveva ragione: avevo giocato male. Le sue capacità e credibilità sono aggreganti. Anche con lui questo ambiente è diventato una vera famiglia».

Dall’intervista Mihajlovic appare come un gigante, la cui sola vicinanza è in grado di cambiare tutto.

«Un giorno ci stiamo allenando non al meglio. Lui è in borghese. Chiama Medel. Gli parla nell’orecchio. Medel torna e comincia a giocare come sa e uno alla volta anche noi ci rimettiamo nei binari giusti: è uscito un allenamento fantastico. Ecco cosa significa una sua parola e la sua vicinanza. Poi siamo andati a vincere a Napoli».

 

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