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Allegri al NYT: “Il calcio è l’arte delle sensazioni, la tattica è una catena”

“Sono cresciuto all’ippodromo con mio nonno. I calciatori sono come i cavalli: sai come giocheranno guardandoli. L’occhio è la cosa più importante”

Pep Guardiola passò il suo anno sabbatico a New York, staccando da tutto e da tutti. Massimiliano Allegri invece “ha altri interessi”: se ne sta in famiglia, ad allevare il suo gusto per le “sensazioni”, e per “l’arte”. E la sua idea di calcio: l’arte delle sensazioni. La tattica? “In un’epoca in cui gli allenatori sono filosofi ossessivi e visionari, pieni di tifosi e sempre sui media, a cui vengono attribuiti grandi poteri quasi messianici, Allegri va contro vento”.

Con un lungo ritratto-intervista il New York Times prova a descrivere questo piccolo mondo antico racchiuso in un allenatore vincente, che ha “una reputazione tale da potersi permettere di dire che tornerà a lavorare solo a giugno, e non prima. Di scegliere il tipo di club che desidera”.

“Dopo cinque anni alla Juventus, non voglio tornare ad allenare e farlo male. È una scelta importante. Voglio un club con regole, disciplina e una forte struttura interna”.

In pratica, rivuole la Juve… Ma in realtà Allegri è un allenatore “controculturale”. Non si adatta perfettamente al paradigma del manager moderno. Dice che “i club e le città hanno identità distinte e che il suo lavoro, in realtà, è adattarsi alle cose “intangibili” piuttosto che imporre concetti grandiosi”.

Il calcio, ai suoi occhi, è “un gioco di squadra definito da singoli: uno contro uno contro uno contro uno”. E infatti gli piace guardare il basket, attratto dall’enfasi sul talento dell’individuo.

“Il calcio è arte”, dice. E il NYT nota che non possiede un computer, e resta scettico sulla sacralità dei dati.

“Sono cresciuto all’ippodromo, con mio nonno. Federico Tesio, il più grande allenatore della storia, ha detto che puoi saper come correrà un cavallo dal modo in cui le sue gambe si muovono al mattino. È lo stesso con i calciatori. Devi vedere come si muovono i giocatori. L’occhio è la cosa più importante. L’idea che guardare la partita dalla tribuna sia meglio, è una delle più grandi bugie nel gioco. Devi essere in grado di guardare i giocatori negli occhi, di vedere i loro volti. Le tribune sono per i tifosi”.

Si infiamma quando sente parlare di tattica. Le chiama “catene attorno al gioco”. Invece conta come “trasmetti messaggi, come percepisci il gioco. Le sensazioni sono la cosa più importante”.

Per ora, non avendo una squadra, allena proprio le sensazioni:

“Ora guardo più calcio di quanto ne facessi quando lavoravo. Quando lavoro ho gli analisti che mi danno i momenti salienti. Stai così tanto con la squadra che non c’è tempo per nient’altro. Ora alleno quando guardo le partite. Penso a cosa farei in questa situazione, a come risponderei a quella. Mi diverto nei momenti di pressione. Trovare la soluzione ideale è una cosa meravigliosa”.

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