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Ribery: “Ancelotti? Grande persona e ottimo allenatore. Ma è arrivato in un momento di grossi problemi in società”

Intervista al CorSport: “Oggi i ventenni vogliono arrivare in fretta, hanno troppe distrazioni. Io ho la stessa fame di quando avevo 16 anni”

Ribery: “Ancelotti? Grande persona e ottimo allenatore. Ma è arrivato in un momento di grossi problemi in società”

Il Corriere dello Sport ospita oggi una lunga intervista a Franck Ribery. Uno che non ha dimenticato da dove viene, le sue origini. Lo spiega lui stesso, a riprova della sua autenticità.

“Non ho mai dimenticato le mie origini, da dove provengo. Conosco il significato della parola “difficoltà” perché è nelle difficoltà che sono cresciuto. Famiglia povera la mia, padre, madre, tre fratelli e una sorella. Mio padre ha smesso di lavorare quando sono diventato professionista e ho guadagnato i primi soldi veri. Lui non voleva, l’ho costretto. Poco cibo, spesso senza scarpe, calore umano. Ho nostalgia di quegli anni, della mia gente. Respiravamo l’amicizia, la solidarietà era un valore, sembrava tutto così semplice, bellissima atmosfera”.

Dice di avere avuto tanto dalla vita, parla della sua esperienza alla Fiorentina. Dei suoi insegnamenti ai compagni più giovani.

“Sappiamo di non avere una squadra da primi posti, ma dobbiamo sempre uscire dal campo felici per la vittoria ma anche arrabbiati per la sconfitta. E’ il messaggio che passo ai più giovani”.

I giovani di oggi sono diversi da quelli dei suoi tempi.

“Oggi i ventenni vogliono arrivare in fretta, hanno troppe distrazioni, diciamo che con la mia esperienza spero di aiutarli a crescere. Qui ci sono giovani di qualità che soltanto col lavoro possono diventare grandi giocatori. Ti parlavo dei sacrifici, delle difficoltà. A sedici anni partii in auto con un amico che aveva la patente per andare a sostenere un provino ad Arles, terza divisione. Percorremmo oltre mille chilometri viaggiando anche di notte, il provino era alle tre del pomeriggio, arrivammo mezz’ora prima e scesi in campo senza nemmeno aver mangiato. Sacrificio, passione, difficoltà, fame. A trentasei anni ho ancora la stessa fame di allora”.

La scelta della Fiorentina è venuta naturale a uno come lui, in cerca sempre di nuove sfide.

“Non so vivere senza la pressione e la tensione della vigilia, senza il trasferimento in pullman, lo spogliatoio prima di una partita importante. Il calcio vero”.

Le fortune della sua vita, dice, sono state due. Incontrare la moglie Wahiba e far parte della Francia del 2006.

“Zidane e Thuram, Abidal e Vieira, Henry, Trezeguet, Makelele. Una squadra irripetibile. Otto anni prima ero sceso in strada per festeggiare il Mondiale vinto, e otto anni dopo facevo parte della Nazionale. Sembravo un bambino finito dentro un sogno”.

Sul Var si dice diviso a metà

“Cinquanta e cinquanta. Non mi piace ma, come si dice in italiano, mi adeguo. Soffro le interruzioni, uno, due, tre minuti fermi per rivedere un’azione. Il calcio lo preferivo senza il Var, ma se questa è la regola, la rispetto”.

Parla degli allenatori con cui ha avuto a che fare, compreso Ancelotti.

“Pep è il numero uno al mondo. Okay la tattica, ma lui sa sempre come affrontare l’avversario. Inoltre legge benissimo la partita. Ancelotti una grande persona e un ottimo allenatore, purtroppo per lui è arrivato in un momento in cui c’erano grossi problemi in società. Un altro tecnico al quale devo molto è Jean Fernandez, che mi volle a Metz. Poi l’ho avuto a Marsiglia”.

Quando smetterà di giocare a pallone?

“Io smetterò soltanto quando il corpo mi dirà che non ce la fa più. Anzi, un minuto prima”.

 

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