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Ponte Morandi, anche il Mit sapeva del “rischio crollo”. Autostrade: “Era solo teorico”

Alle riunioni del cda di Atlantia è sempre presente un rappresentante del Ministero. La concessionaria non nega l’esistenza del documento sequestrato dai finanzieri

Ponte Morandi, anche il Mit sapeva del “rischio crollo”. Autostrade: “Era solo teorico”

Non solo il documento che attestava il rischio di crollo del Morandi, datato 2014, era transitato sulle scrivanie dei funzionari di Atlantia e Spea. Repubblica scrive che era noto anche al Ministero delle Infrastrutture.

Nel 2015 era stato sottoposto al vaglio dei cda di Aspi e Atlantia, in concomitanza alla presentazione del progetto di retrofitting delle pile 9 (quella crollata) e 10. Ebbene, alle sedute del consiglio di amministrazione di Aspi partecipava (e partecipa ancora, per prassi) anche un rappresentante del Mit, che poi dovrebbe riferire allo stesso dicastero.

Ieri è arrivata la replica di Autostrade. In una nota, la società precisa:

“La società non è in alcun modo disponibile ad accettare rischi operativi sulle infrastrutture. Di conseguenza, l’indirizzo del cda alle strutture operative è di presidiare e gestire sempre tale tipologia di rischio con il massimo rigore. Adottando ogni opportuna cautela preventiva”.

Sui rischi operativi, nei quali rientrava il documento in questione, la società dichiara:

“il cda di Autostrade ha sempre espresso l’indirizzo di mantenere la propensione di rischio al livello più basso possibile”.

Nessuna smentita, dunque, relativamente all’esistenza del file. Semplicemente, Autostrade sostiene che il rischio fosse solo teorico.

Insieme a quel documento, a marzo, i finanzieri hanno sequestrato anche altre relazioni tecniche a corredo del “catalogo del rischio”. In esse, scrive Repubblica, sono evidenti le preoccupazioni degli ingegneri. Che sottolineano che data l’impossibilità di monitorare stralli e cassoni del Ponte.

“L’opera non si riesce a tenere sotto controllo”.

Sul documento incriminato, nel 2017, avvengono due cambiamenti importanti. Il primo è che la responsabilità del Morandi passa dalle Manutenzioni dirette da Michele Donferri Mitelli alla Direzione di tronco di Genova, guidata da Stefano Marigliani (oggi entrambi indagati).

Il secondo è che nel catalogo del rischio non si parla più di “crollo” ma di “perdita di staticità”.

Sia a Donferri Mitelli che a Marigliani, gli inquirenti hanno chiesto, in fase di interrogatori, perché ci fossero state queste due variazioni. Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Ora, scrive il Sole 24 Ore, le indagini si concentreranno su come è stato espresso l’indirizzo “di mantenere la propensione di rischio al livello più basso possibile”, come dice Autostrade. E su come il risk officer abbia dato conto al cda della sua attuazione alla fine di ogni anno. Oltre che su come, eventualmente, questi risultati abbiano dato spunti per gli indirizzi dell’anno successivo.

 

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