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Non è tutto nero come sembra, se quella del Napoli fosse una febbre di crescenza?

Le vane rincorse allo scudetto hanno spossato il gruppo. Fin qui campionato deludente, ma io una luce l’ho vista: squarci di gioco bellissimo, del calcio verticale di Ancelotti

Non è tutto nero come sembra, se quella del Napoli fosse una febbre di crescenza?

Non ho fatto indagini statistiche. Ma, a naso, credo che (fatta eccezione per la Roma post 2001) molto raramente nella storia del campionato italiano una squadra sia stata tanto a lungo ai vertici senza vincere uno scudetto come accaduto al Napoli negli ultimi sei o sette anni. Una squadra che, caso unico, per ben due volte ha vinto l’inutile titolo d’inverno senza poi agguantare lo scudetto. Sempre vicini al successo, insomma, senza coglierlo mai. Ciò ha contribuito a creare una atmosfera parossistica intorno alla squadra.

La dimensione psicologica di noi tifosi azzurri di conseguenza tende oggi alla nevrosi. Fino a farci perdere il contatto con la realtà. Facendoci dimenticare la reale forza economica e politica della società e del contesto in cui essa opera. E quanti meriti vadano riconosciuti a chi ci ha consentito di essere stabilmente nel giro europeo d’élite. Certamente molto superiori ai demeriti per non aver vinto un maledetto scudetto.

A voler razionalizzare l’accaduto, occorre dire che certamente  hanno influito molti fattori. Ne cito alcuni in ordine casuale. Il Napoli ha sempre avuto problemi di continuità di rendimento. Si pensi ad uno dei suoi giocatori simbolo. Hamsik. Che “nato fuoriclasse divenne campione” proprio per la sua scarsa continuità. “Si accende e si spegne come l’albero di Natale” ripeteva il pittoresco ma esperto Enrico Fedele. 

Si pensi alla cronica mancanza di personalità della squadra pur in presenza di giocatori di ottimo livello. Che la rendeva incapace di fronteggiare situazioni ambientali o di gioco impreviste. Basta pensare ad Insigne e Koulibaly, dotati dalla natura di grandi mezzi ma che si liquefanno quando meno te lo aspetti. Solo per fare due esempi.

Si pensi alle indiscutibili partigianerie arbitrali. Dovute, a mio avviso, a sudditanza psicologica  più che a mala fede. Su 115 scudetti soltanto 2 sono arrivati al sud, cioè a Napoli.  Precisamente circa il 35 % a Torino, un popiù del 31% a Milano….Cioè l’area più ricca e produttiva del paese  la fa da padrona  anche nel calcio. Sì il tifo. Sì la passione del pubblico che “ spinge la squadra”. Sì la retorica in tutte le salse … Ma la storia ultracentenaria del calcio fotografa quella del paese. Le aree più prospere prevalgono in tutto. Ed ovviamente anche nel calcio. D’altro canto perché il calcio dovrebbe andare controcorrente?

Eppure questi dati mi sembrano spesso dimenticati. Per lasciare spazio alle favole. O, quel che è peggio, a pretese quasi impossibili da esaudire. Se al sud sono arrivati in 115 anni soltanto due titoli, quelli del Napoli, bisogna trarne le conseguenze. Per quanto amare. Vincere un campionato dalle nostre parti è una grande impresa. Gli  ostacoli sono enormi. Eccellere per una squadra di calcio del sud è cosa enormemente difficile. Come eccellere nella sanità. Nei trasporti. Nell’industria. Nella scuola. I fattori di contesto, innanzitutto quelli economici, incidono fortemente.

Due scudetti su 115, uno ogni 57,5 anni!! Perciò  considero straordinari i risultati ottenuti prima da Ferlaino e poi in tutta la gestione De Laurentiis” (la Repubblica)

Si pensi anche alle responsabilità dei tecnici. Di Benitez che dopo un anno non faceva mistero di non veder l’ora di andar via. Del tanto osannato Sarri. Il cui komeinismo tattico lo ha condannato a stringere un pugno di mosche pur a valle di un indiscutibile  gran lavoro di campo. Di Ancelotti che in barba alla sua grande saggezza e indiscutibile esperienza invece di raffreddare l’ambiente troppo surriscaldato il 24 di agosto ha twittato (chiedo perdono per l’orribile neologismo) “Gli obiettivi sono stati raggiunti, abbiamo la qualità per lottare e per provare a vincere lo scudetto.” Ma come ti viene? Cui prodest? Un azzardo imperdonabile per uno che si chiama Carlo Ancelotti. Io avrei detto più o meno “La Juve resta nettamente favorita. Non proveremo a essere pronti nel caso la macchina bianconera dovesse incepparsi”.

E vengo a quest’anno. Certamente fino ad oggi molto deludente, se non fallimentare, sul piano dei risultati ( in campionato , perché in Champions siamo primi nel girone). Con qualche giocatore in fase regressiva. Su tutti un irriconoscibile Koulibaly. Eppure nella nebbia più fitta una luce io la ho vista. Questo Napoli ha fornito sporadiche esibizioni di eccellente livello. Penso alle partite con il Liverpool, con il Salisburgo ma più di tutte con l’Atalanta. Contro la quale il Napoli ha offerto lunghe fasi di bellissimo gioco. Capacità di verticalizzare e concludere. Insomma esibizione del miglior calcio ancelottiano. E se fosse quella degli azzurri una “febbre di crescenza”? Che volete da me. Spes ultima dea.

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