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Le 10 cose che ricorderemo di Roma-Napoli

Il rigore parato da Meret. Il mani di Mario Rui. Lo zero di Manolas La traversa-palo dei polacchi Milik-Zielinski. Gli strappi nel finale di Lozano. La sospensione di Rocchi per i cori contro Napoli.

Le 10 cose che ricorderemo di Roma-Napoli

Proviamo anche stavolta a mettere in fila le dieci lezioni che arrivano da questa partita o i dieci gesti con cui mandarla in archivio per ricominciare. 

Uno. I fischi a Manolas. Cominciano al primo tocco del greco e proseguono per un bel po’. Attesi, naturali, scontati. Non riesco a dire che Manolas abbia giocato con questa scimmia sulla spalla, non pare il tipo da lasciarsi intimidire, ma a me non pare nemmeno il tipo che non si lascia mai condizionare. Gioca una partita incerta in molti particolari ma è anche vero che non è la prima volta che succede. Manolas è stato fin qui l’uomo delle sbavature anche nelle giornate più felici del Napoli (penso alla vittoria sul Liverpool al San Paolo). Chiude la partita senza palloni intercettati. Per capirci: nelle ultime due partite che aveva giocato ne aveva intercettati 4 al Verona e 3 al Torino. Il famoso muro KK prospettato in estate dopo il mercato non si è visto ancora, e Davide Ancelotti non ne ha fatto mistero nella sua intervista tv dopo partita. È in difesa che il Napoli ha dei problemi. 

Due. Il rigore parato da Meret a Kolarov al 26’. Una delle 4 parate tutt’altro che ordinarie con cui riempie il suo pomeriggio. Aveva parato l’ultimo nel marzo del 2018 a Lapadula in Genoa-Spal. È il quinto che prende in carriera, il terzo in Serie A, gli altri due li aveva parati nel campionato Primavera. Un grande che diventerà un grandissimo. Stavolta non fa mai ricorso al lancio lungo. 

Tre. Il salvataggio di Smalling sulla linea al 28’. È il primo dei tanti momenti in cui il Napoli potrebbe raccogliere più di quello che alla fine strappa. Un non-gol per 65 centimetri di differenza. L’acrobazia dell’inglese strozza il gol a Di Lorenzo, ormai una certezza nel farsi trovare oltre l’ultimo difensore sul palo lontano in occasione di palloni a spiovere da fermo. 

Quattro. I polacchi stoppati al 41’. Prima la traversa colpita da Milik sotto porta di testa e poi un incredibile palo preso sullo sviluppo successivo dell’azione da Zielinski da fuori area. Con questi salgono a 8 i pali che hanno salvato la Roma nelle prime 11 giornate di campionato, uno in più della Spal. Quel genere di occasione in cui Milik dimostra che gli manca un pizzico di istinto spietato. 

Cinque. La partita sospesa da Rocchi al 64’. Sei minuti prima il primo coro veramente udibile perché cantato non dai “quattro scemi”, non “dalla minoranza che nulla ha a che vedere con il calcio”. Un coro che canta una buona fetta dell’Olimpico con la stessa disinvoltura di un alé-o-o a un concerto di Claudio Baglioni. Rocchi ha tutta la personalità di questo mondo nel prendere il pallone tra le mani, dopo aver fatto fare un annuncio dall’altoparlante, e minacciare di rimandare tutti a casa. Poco prima si vede Koulibaly che gli fa cenno: li senti? Poi Dzeko contribuisce a far comprendere alla curva, e non solo alla curva, che il tifo è sostegno civile, anche sberleffo e sfottò. Ma augurarsi l’eruzione del Vesuvio e l’incenerimento di Napoli non è sfottò. Fu il primo seme di odio piantato e ha già portato lutti. 

Sei. Il mani di Mario Rui. A fine partita Davide Ancelotti dirà che un cross si è sempre fronteggiato a quel modo. Vero. Non si può più. Lui stesso lo intuisce quando aggiunge che allora bisognerà allenare i giocatori a difendere con le mani dietro la schiena. Vero anche questo. Diventerà un nuovo fondamentale. Come saper palleggiare. Detto questo, si sa che ormai Mario Rui deve vivere quei 10 minuti di follia in ogni partita. Stavolta ha scelto di viverli con le braccia spalancate. Prima di quel tocco c’è tutta un’azione in cui la squadra difende in modo troppo passivo, cominciando a fare pressing alto sul lancio lungo del portiere in modo forse inopportuno. 

Sette. Il gol di Milik al 72’. Riapre la partita. Il punto è che le partite sappiamo riaprirle, ma non sappiamo chiuderle. L’ingresso di Lozano fa male alla Roma dalla parte del canuto Kolarov, già per conto suo demoralizzato dal rigore sbagliato. Lozano viene anche cercato abbastanza, ma è lui a non saper cercare altrettanto spesso i compagni. Dopo l’assist per Milik potrebbe ripetersi con Fabian Ruiz che si sta inserendo ma sceglie di mettersi in proprio. Un Fabian Ruiz spesso fuori dalla partita: 64 palloni toccati in tutto, lui che può superare i 100. 

Otto. Al minuto 88’ sulla fascia sinistra, dove un tempo era tutto un Ghoulam e Hamsik, Younes e Mario Rui si non-passano un pallone. Poco prima Younes lo aveva perso nel tentativo folle presuntuoso e velleitario di fare un tunnel. Il problema è che una volta perso il pallone i due si guardano e si rimproverano come fosse il calcetto del mercoledì sera o del sabato mattina, anziché rincorrere la Roma che sta puntando verso la porta di Meret. È l’episodio più sconcertante dell’anno. Mario Rui chiuderà la partita con una percentuale di passaggi precisi del 69%. 

Nove. Il destro a giro di Zielinski al 91’. Eppure, nonostante tutto, sul piede del polacco capita questo pallone che per centimetri non finisce dentro. Zielinski ha giocato 71 palloni, dando sempre l’impressione di poter lasciare sul posto gli avversari ma innestando poche volte il cambio di passo. Ha preso 5 punizioni. 

Dieci. La punizione di Milik al 96’. L’azione di Llorente costa un uomo alla Roma ma è un vantaggio di cui il Napoli non riesce a godere. È un’occasione sì per il 2-2 ma tra preparazione del pallone, spray e barriera finisce per margiarsi tutti gli ultimi 2 minuti e mezzo che ancora restavano da giocare in 11 contro 10. La barriera alza la traiettoria di Milik (il suo quinto tiro in porta del pomeriggio) e finisce la partita. Ora serve tutto il sangue freddo degli uomini di buona volontà e tutto il capitale d’esperienza di Carlo Ancelotti. Torni a sorridere. Torni a dissacrare. Torni a divertire. Torni a essere più erede della leggerezza di Liedholm che del furore di Sacchi. Se ci sono ampi margini per tirarsi fuori dal fosso è perché c’è lui.

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