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La Serie A snobba i vivai, e i talenti fatti in casa scappano all’estero

Report del Cies: Gli “homegrown players” incidono solo per l’8,9% sul nostro campionato. Peggio solo la Turchia

La Serie A snobba i vivai, e i talenti fatti in casa scappano all’estero

Che non sia un campionato per giovani la Serie A, è ormai un luogo comune. Poi arrivano i dati a certificare il trend di invecchiamento costante del torneo italiano, ed ecco che il cliché prende una forma ben più consistente. Il Cies, l’osservatorio sul calcio europeo, ha stilato un report “demografico” sulle condizioni del pallone a livello comunitario. E l’Italia ne esce maluccio, anche in questo caso.

Gli “homegrown players”, i calciatori cresciuti nei vivai, rischiano di diventare spesso degli “scappati di casa” e non nell’accezione negativa che se ne dà: c’è poco posto per loro, e quindi sono costretti ad andare all’estero. In Serie A sono l’8,9%, peggio di noi c’è solo il campionato turco. Tecnicamente si tratta di giocatori tesserati da un club per almeno tre stagioni tra i 15 e i 21 anni: italiani per carriera. Sono percentuali che per quanto in leggera crescita, segnano una volta di più il divario che separa il nostro calcio da quello europeo. Dove i numeri sono ben altri: nella Liga i giovani “fatti in casa” sono il 20,9%, nella Ligue 1 il 17,2%, nella Premier League il 12,7% e nella Bundesliga il 12%. I più attenti ai giovani sono Danimarca (27,4%), Slovenia (27%) e Norvegia (26,1%).

Gli “scappati di casa”, dicevamo. O molto più facilmente, gli emigranti. Quelli degli altri ce li prendiamo noi, per un ovvia legge fisica: se molti giovani nostrani vanno via c’è più posto per gli stranieri. Che è poi un cane che si morde la coda: vanno via perché ci sono troppi stranieri. In Serie A sono il 58% del totale. Nel 2009 erano il 41,9%. Di nuovo: solo in Turchia, Portogallo e Cipro fanno peggio. Anche se su questo dato la Premier è al 57,9%, quindi poco sotto, e la Bundesliga al 50,2%. Si salvano la Ligue 1 al 38,6% e la Liga al 37,3%. Non bastasse, la Serie A è anche il campionato con l’età media più alta. Tutto torna.

Ora la sfida statistica – si legge sul report – dal prossimo anno, sarà quella di monitorare se le crescenti disparità economiche tra squadre di diversi paesi spingeranno un maggior numero di club con mezzi limitati a concentrarsi sulla promozione di talenti formati nei vivai. Insomma, anche per l’Osservatorio si è ormai innescato un fenomeno difficilmente reversibile: i campionati “minori” e i club più poveri impegnati a sfornare talenti da vendere al grande mercato dei tornei principali e dei top club. La “vecchia” Serie A si trova in una strana terra di mezzo.

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