Gazidis: “Il calcio include, non esclude. A livello individuale la diversità porta l’atleta a migliorarsi”

L'ad del Milan al CorSport: "Il calcio può diventare un modello di buona società. So cosa significa il razzismo e sono convinto ci siano gli strumenti per debellarlo"

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Il Corriere dello Sport intervista l’ad del Milan, Ivan Gazidis. Il tema è la lettera congiunta firmata dai club di Serie A contro il razzismo.

«E’ un passo importante, ma è il primo passo, c’è tanto lavoro da fare. In Italia nell’ultimo anno – da quando sono al Milan – sono successi tanti, troppi episodi di razzismo nei confronti dei giocatori. Era giusto dare un segnale forte e la Lega Serie A l’ha fatto. Io credo che quando si prende coscienza di un problema si è già sulla buona strada. Si deve avere la consapevolezza che non è un problema solo italiano, ma mondiale. Bisogna capire che un percorso che il calcio italiano deve fare con i tifosi, non contro di loro: queste devono essere le premesse».

Secondo Gazidis il calcio può diventare un modello anche per la società più in generale.

«Se il calcio saprà usare le differenze per crescere, allora sarà un beneficio per tutti: per questo dico che il calcio può diventare un modello. Non dimentichiamoci mai che il calcio ti fa sempre sentire parte dello stesso mondo. Il calcio include, non esclude. E’ questa la sua grande forza».

Anche a livello individuale, spiega, la diversità porta l’atleta a migliorarsi.

«Io parto da questo presupposto: i pregiudizi sono penalizzanti per le performances di ogni atleta. Se tu vuoi dare il massimo devi avere “competitors” all’altezza, devi essere pronto a gareggiare con tutti, anche e soprattutto con chi è diverso da te: solo così puoi migliorare le tue prestazioni. Ripeto: la diversità arricchisce».

In Premier, che Gazidis conosce bene, il fenomeno è stato affrontato con forza, anche se non debellato del tutto. Perché si è partiti da punti concreti, come gli stadi.

«Gli stadi per esempio, devono essere funzionali e accoglienti; devono venire considerati come luoghi dove è bello passare un paio d’ore. Mi piace pensare a stadi con sempre più bambini e donne, dove c’è tranquillità e c’è rispetto reciproco, verso i giocatori e tifosi avversari. Poi è chiaro: la tecnologia è fondamentale per identificare e isolare chi non rispetta le regole, chi offende e insulta il giocatore di colore».

L’ad del MIlan è nato in Sudafrica. Racconta che suo padre, attivista, ha combattuto l’apartheid ed è finito in prigione nel periodo in cui anche Nelson Mandela era in carcere.

«Quando uscì la mia famiglia continuò a ricevere minacce e intimidazioni. Noi Gazidis siamo esuli, emigranti, quando ero piccolo ci siamo trasferiti nel Regno Unito proprio per sfuggire alle persecuzioni. So cosa significa il razzismo e oggi sono convinto che il calcio abbia gli strumenti per debellarlo»

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