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Casarin: “Sono i vertici del calcio a non essere convinti del Var, il problema è culturale”

Al Corsport: «C’è bisogno di regole chiare però, non come quella sui falli di mano. È chiaro che gli arbitri vadano per conto loro»

Casarin: “Sono i vertici del calcio a non essere convinti del Var, il problema è culturale”

Il Corriere dello Sport oggi intervista l’ex designatore arbitrale Paolo Casarin che torna ancora una volta a ribadire il suo concetto critico nei confronti della scelta di Giacomelli e Banti di non utilizzare il Var in occasione del rigore non concesso al Napoli nella gara di mercoledì contro l’Atalanta

«Mi è difficile comprendere come gli arbitri non sfruttino uno strumento così potente per minimizzare gli errori. Minimizzarli, non eliminarli»

Ma il problema viene dall’altro secondo Casarin

«La questione arbitrale discende da un problema più ampio. Dirigenziale, culturale. Sono i vertici del calcio, devo supporre, a non essere convinti del Var»

«O si decide che il Var e la tecnologia in generale non ci interessano oppure si dice chiaro e tondo: la strada è questa, chi non è d’accordo si accomodi fuori dagli organismi internazionale»

È severo Casarin quando parla di regole, regole che sono necessarie per evitare confusione e per restituire dignità ad un gioco bellissimo come il calcio

«Non è accettabile che dopo tre stagioni tutto quello che siamo stati capaci di partorire sia un protocollo. Ovvio che in questa situazione gli arbitri non sappiano che cosa fare o vadano ognuno per conto suo. Il Var deve entrare nel regolamento, essere codificato da norme e dare certezze a chi è chiamato a usarlo»

Definisce le nuove norme sui falli di mani, che di fatto vorrebbero annullare il concetto di volontarietà, una “baggianata” introdotta per aumentare il numero dei gol nelle partite

«Pensiamo forse di insegnare ai bambini a giocare con le mani dietro la schiena, perdendo tra l’altro anche un quarto di prestazione atletica? Io giocherò come accidenti mi pare e spetterà all’arbitro valutare se ho volto fare il furbo»

Tutto è diventato o vuole diventare rigido, secondo Casarin, esasperato. Anche il numero di ammonizioni, espulsioni e cartellini

«Oggi volano cartellini, mentre tra di noi vecchi arbitri c’era la gara a finire una partita senza ammonire nessuno. E si mostrano il giallo e il rosso agli allenatori non appena qualcuno mette la punta della scarpa taglia quarantacinque fuori dalla sua zona»

Ma la tecnologia resta importante, fondamentale, come punto di partenza per il futuro del calcio, ma deve restare un’aiuto e un sostegno nei casi di emergenza, la valutazione dell’arbitro deve restare centrale. Ci vorrà tempo, secondo Casarin, perché si arrivi ad un utilizzo consapevole della tecnologia e intanto alcune cose cambieranno, come l’introduzione del challenge

«Anche rendere pubblici i dialoghi tra arbitro e addetto al Var sarebbe utile. Meglio divulgarli dopo le partite che durante»

La strada è ancora lunga, ma nell’attesa

«Usiamo il Var così com’è, senza nasconderci dietro il protocollo. Una volta l’arbitro dopo aver sbagliato poteva buttare lì: che cosa pretendete da me, sono da solo. Ora è da solo chi vuole esserlo».

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