Era un tossicodipendente: servono altri motivi per crepare in carcere? No, non servono. Non dovevano servire: Cucchi Stefano doveva essere solo uno dei tanti morti di galera. E basta.
Il Fatto Quotidiano propone oggi una fedele e cruda ricostruzione dei 10 anni dalla morte di Stefano Cucchi
Doveva essere solo la storia di un tossico: un drogato, uno dei tanti, di quelli che prima o dopo si cacciano sempre nei guai. E chissà in quali guai si era cacciato Cucchi Stefano, di anni 31, un metro e 68 di altezza, 52 chili di peso, 28 grammi di sostanza stupefacente addosso: era hashish, fumo, come lo chiama qualsiasi ragazzetto di periferia. Ad ammazzarlo in carcere, invece, è stata la malnutrizione, dicevano i giudici, solo che i medici non se n’erano accorti. Anzi no: era poco idratato, aveva l’epilessia, la celiachia. E poi ricordiamoci che era un tossicodipendente: servono altri motivi per crepare in carcere? No, non servono. Non dovevano servire: Cucchi Stefano doveva essere solo uno dei tanti morti di galera. E basta.
12 novembre 2019: comincia il processo per i depistaggi – Prima udienza per la serie di presunti falsi e manipolazioni operata dai militari.
14 novembre 2019: doppia sentenza – A più di dieci anni dalla morte di Cucchi, nello stesso giorno verranno emesse due importanti sentenze: la corte d’Assise di Roma si esprimerà su Di Bernardo, D’Alessandro, Tedesco, Mandolini e Nicolardi. Parallelamente la corte d’Appello dovrà decidere se assolvere o condannare i cinque medici che ebbero in cura Cucchi. Si tratta del secondo processo dopo l’annullamento e il rinvio della Cassazione: le accuse di omicidio colposo sono già prescritte.