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Quindi Insigne e Younes pari sono? Le traverse di Milik non sono sfortuna

Le 10 cose da ricordare – La maglia bianca ci riporta all’Anderlecht. Il placcaggio di Fabian Ruiz che salva il Napoli e i palloni persi da Allan. Una partita che sarebbe meglio dimenticare

Quindi Insigne e Younes pari sono? Le traverse di Milik non sono sfortuna

Le 10 cose che ricorderemo di Genk-Napoli

Uno. Insigne in tribuna. Le parole di Giuntoli nascondono o una mancata verità o una verità sconvolgente. “Insigne fuori? Non deve creare scalpore. Abbiamo giocatori forti, una rosa ampia. Il mister ha fatto una scelta tecnico tattica. Lorenzo è sereno”. Younes e Insigne sono dunque sullo stesso piano. Noi facciamo finta di credergli ma se non gioca titolare a Torino è un caso. 

Due. La maglia bianca. Vedere il Napoli scendere in campo in Belgio, alle ore 19, con una umidità all’ottanta per cento e in maglia bianca, ha riportato il tempo indietro agli anni 70. Meno male che nei paraggi non c’erano né Thissen né Van der Elst e nemmeno l’arbitro Matthewson (questa è per cinquantenni e oltre). Il temporale ha fatto saltare il segnale tv in molte case. All’epoca invece ci fu un black-out elettrico e molti napoletani non videro gli ultimi 15 minuti, accendendo la radio per sperare in un gol che eliminasse l’Anderlecht e qualificasse il Napoli alla finale di Coppa delle Coppe. 

Tre. Le traverse di Milik. Ne ha prese due, ma non sono sfortuna. Almeno una trattasi di gol mangiato. Se l’anno scorso questa nomea era bilanciata da un numero di gol comunque soddisfacente, dal colpo di petto sotto la porta in amichevole con il Barcellona in poi, i gol mangiati iniziano a diventare irritazione. I numeri di pali: cinque in due partite compresa quella con il Cagliari. Cinque punti lasciati. 

Quattro. Il tiro di Lozano quasi in fallo laterale. Ne sparacchia uno tutto storto, come un ragioniere al Kennedy il mercoledì sera. Rimane impressa la faccia da buono di Lozano. Il Chucky, la bambola cattiva, il killer. Ma dove sta? Per adesso sembra Cicciobello. Al massimo Ken, il fidanzato di Barbie. Giracchia a vuoto per gran parte della serata. 

Cinque. L’occasione di Callejon. L’ala che non sorrideva mai ha avuto sul piede un pallone che in genere non sbaglierebbe neppure se lo bendassero e gli facessero fare prima un giro su se stesso, fai la penitenza, guarda in giù, guarda in su. Invece stavolta l’ha messa fuori, doveva solo appoggiare in porta. 

Sei. Il placcaggio di Fabian Ruiz. Devono avergli detto che si stanno giocando da qualche parte i Mondiali di rugby e allora si è concesso un intervento degno di quell’evento. Senza fare troppo gli schizzinosi ha salvato il Napoli perché altrimenti il Genk avrebbe avuto campo aperto, ma quel placcaggio è una delle fotografie della partita. 

Sette. Il pallone perso da Allan al 93’. Altra immagine chiave della serata. Sono già 12 i palloni sbagliati a questo modo tra Serie A e Champions dal brasiliano, situazioni a cui vanno aggiunte le 7 volte in cui gli hanno tolto il pallone dai piedi. Se la squadra non ha continuità nella manovra, questi diventano errori pericolosi il doppio. Il guerriero di un anno fa è sparito. Non ribalta più il gioco. Quando è in campo lui, la costruzione si appoggia su un uomo in meno. Si era esibito in una rovesciata da terra che nel gesto citava un celebre gol di Maradona a Pescara e in una scivolata da brividi a ridosso dell’area. 

Otto. Il braccio di Manolas. Altro passaggio indicativo di una difficoltà, peraltro da parte di un giocatore che è stato uno dei pochi da salvare con Meret. E’ un suo gesto abbastanza tipico quando perde sicurezza. Il Napoli dà una sensazione di approssimazione. Aveva segnato 7 gol nelle prime 2 partite prendendone altrettanti e mandando sotto accusa il Muro difensivo. Poi ne è arrivato solo uno subito su azione nelle ultime sei partite. Ma davanti abbiamo smesso di segnare. 

Nove. Le mani di Meret. Due parate nel primo tempo da spingere a raccogliere le firme per fargli una statua. 

Dieci. Le parole di Mertens. “Voglio restare, ma se il Napoli non lo vuole…”. Dichiarazioni chiare. Da imperatore a fine impero.

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