Intervista a La Stampa: “Non si possono chiedere proclami sull’omosessualità. Già vengo considerata meno di un maschio, figuriamoci se dovessi parlare di quello che succede a casa mia”
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La Stampa intervista Valentina Cernoia, pilastro della nazionale italiana di calcio femminile e della Juventus. Domani la Juve delle ragazze parte dalla Champions contro il Barcellona, la finalista dell’anno scorso. Un’avversaria forte, riconosce la Cernoia, ma la Juve è intenzionata a giocare a viso aperto:
“Noi italiane abbiamo già dimostrato di saper sorprendere, in azzurro come in bianconero”.
Il Barcellona richiama alla mente Messi, che, per la calciatrice, viene sempre dopo Cristiano Ronaldo.
“Tendo a premiare lavoro e costanza e Cristiano è motivo di ispirazione in questo”.
La Cernoia parla del grande entusiasmo che ha scatenato il Mondiale femminile e di quanto paghi il lavoro.
“All’Italia nessuno dava due euro e invece siamo arrivate tra le prime otto, non a caso: il lavoro paga”.
Non fa differenza avere un’allenatrice donna in nazionale e un mister uomo alla Juve, spiega. E spiega che il calcio femminile ha messo in evidenza che le “donne sanno giocare bene e trainare”.
Ora si augura che la gente vada a vedere le partite dal vivo:
“Vorrei che ogni sabato ci dicessero che serve uno stadio vero e non basta la nostra tribuna, già sempre piena per altro”.
Sul professionismo:
“Ci vorrà altro tempo, ma in realtà manca solo il pezzo di carta, io alla Juve lavoro come una professionista e mi sento tale”.
Si augura che il calcio femminile
“non inciampi nelle porcherie che ho visto travolgere molti sport”.
E si sofferma sulla difesa della privacy, in quanto calciatrice donna. Ai Mondiali i fotoreporter hanno provato ad immortalare le ragazze della Nazionale mentre erano in costume, a Montpellier e loro si sono arrabbiate:
“Era la nostra unica giornata libera. Già mi vedevo l’associazione “ci sono gli ottavi e loro sono in spiaggia” e poi telecamera puntata appena ci siamo svestite. Abbiamo chiesto di cancellare le immagini, non può valere tutto”.
I maschi sono assillati dalla curiosità e voi volete la parità, le dice l’intervistatrice. E lei risponde:
“Non ho i loro milioni di euro e quindi ho il diritto di non essere pedinata sotto casa”.
Sull’omosessualità come tabù del calcio, tanto che è quasi impossibile trovare un uomo o una donna che in questo ambiente dichiari il proprio orientamento sessuale, dice:
“Non credo si possa chiedere proclami di questo genere alla nostra generazione. Siamo state tempestate da insulti “fate la maglia”, “state in cucina” o peggio. Non si valutano ancora impegno e talento. Già vengo considerata poco per quello che faccio e molto meno di un maschio, figuriamoci se dovessi parlare di ciò che succede o non succede a casa mia. Gioco e tengo per me quello che c’è fuori”.