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Le 10 cose di Napoli-Liverpool che non dimenticheremo

La faccia di Klopp in panchina (e non solo). Lo sguardo di Llorente. Il pallone sotto braccio di Mertens.

Le 10 cose di Napoli-Liverpool che non dimenticheremo

Il pallone sotto braccio di Mertens. Catturato prima di tirare il rigore. È suo. In quel momento mancano sia Insigne sia Lozano. Ma va a prenderselo per convincere innanzitutto se stesso e poi i compagni che la parata di Adrian in avvio di secondo tempo è dimenticata.

La furbizia di Callejon. Quando entra in area con la palla al piede, sa già che sta per subire fallo. Lascia scoperto il profilo destro per ingolosire il piede di Robertson.

La faccia di Klopp in panchina. Per la terza volta in sei anni è al San Paolo l’allenatore che forse impersona maggiormente il calcio d’élite europeo, per la sua capacità di arrivare fino in fondo, con tutta l’elettricità e l’energia necessaria nel calcio – nello sport – di oggi. Tre volte in sei anni al San Paolo significa che nell’élite ci siamo anche noi. Per la terza volta in sei anni perde.

Il passaggio di petto di Koulibaly. Al ventesimo minuto ha voluto darci il segno di una ritrovata confidenza e una recuperata consapevolezza di sé. In mezzo a un primo tempo fatto di scivolate, anticipi, palloni sradicati e buchi per terra. 50 palloni toccati nei primi 45 minuti. Non solo estetica. Quattro palloni spazzati via. Manolas alla fine ne avrebbe spazzati via nove.

Le serpentine di Fabian Ruiz. La sua straordinaria capacità di vedere un varco e prenderlo, con la palla al piede, aprendo spazi più ampi e creando superiorità numerica. Dopo i 116 palloni toccati contro la Sampdoria, ne sono arrivati altri 82, di cui 53 nel primo tempo. Jorginho ci aveva abituato a giocarne una mole simile. Fabián è un non Jorginho che dentro di sé lo contiene.

La corsa di Mario Rui. Deve tenere il passo di Salah e soprattutto deve tenere lontani i cinque minuti di follia che di solito emergono. Si impettisce, intercetta 4 palloni nel primo tempo.

Il rinvio di Meret. Al 44’ come si faceva negli anni 70 Meret si è deciso a vibrare un bel calcione alla palla direttamente in avanti, dalla rimessa dal fondo. Fino a quel momento era stato tutto un costruire dal basso, dentro l’area, fino a sommare 20 palloni toccati nel primo tempo, perfino più del povero Lozano abbandonato in attacco e condannato a giocarne 6 di meno.

I due buchi di Manolas. Potevano essere ferite e invece sono sorrisi su cui si può sorvolare. Sbagliare in difesa e riuscire a non prendere gol, mi sa che è una cosa da grande squadra.

Lo sguardo di Llorente. Cattivo, glaciale, Clint-eastwoodiano. Lo sguardo di chi sa in anticipo che cosa sta per succedere. Se è venuto per giocare 20 minuti a partita, sta dimostrando di saper trasformare quei 20 minuti nei migliori della serata.

Oi vita mia. Il coro dell’eta classica riappare a sorpresa nel finale, al termine di una serata musicalmente piena, densa, rock, a tutto volume, pure troppo. Andava riconsacrata dopo la profanazione allo stadio di Torino.

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