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Da Cané ad Infantino, il razzismo non può più essere un equivoco

Se il razzismo, come afferma Cané, “è discriminazione”, allora un “buu” è certamente una manifestazione razzista perché ti discrimina

Da Cané ad Infantino, il razzismo non può più essere un equivoco

Prima di tutto, facciamo anche noi gli auguri a Faustinho, che proprio in questi giorni ha compiuto ottant’anni, molti dei quali trascorsi fra il Napoli e Napoli. Colpisce, nella recente intervista rilasciata da Cané a Il Giornale, proprio in concomitanza con il suo importante compleanno, il passaggio in cui, a proposito dei cori e dei “buu” da parte dei tifosi nei confronti dei giocatori di colore, lui afferma: “..Non credo che si tratti di razzismo. L’ho già detto quando c’è stato il caso Koulibaly. Il razzismo è discriminazione, queste sono offese, anche se volgari, è voler innervosire l’avversario..”.

I tifosi agiscono per ignoranza

Di questa considerazione certamente sincera e a suo modo ingenua, maliziosamente raccolta dal noto quotidiano, appare soprattutto chiara la contraddizione evidente contenuta al suo interno. I tifosi infatti, secondo questo diffusissimo ragionamento, agirebbero solo per ignoranza o per semplice provocazione. E non sapendo cos’altro fare per infastidirlo, insulterebbero il giocatore avversario sulla base del colore della sua pelle. Saremmo di fronte dunque ad uno sfottò come tanti altri, almeno secondo molti. Ma se il razzismo, come afferma giustamente lo stesso Cané, “è discriminazione”, allora un “buu” è certamente una manifestazione razzista, proprio perché ti discrimina (cioè ti individua, ti giudica, ti esclude e talvolta ti punisce) per via di una caratteristica precisa che ti identifica.

I razzisti di oggi come quelli di quattrocento anni fa

Forse Faustinho non ricorda bene in che modo sono arrivati nelle due americhe tutti gli uomini e le donne di pelle nera. Nel corso di trecento anni, a partire dalla scoperta del “nuovo mondo”, si calcola che oltre dieci milioni di persone siano state deportate (ovvero costrette con la violenza a lasciare la propria terra e i propri cari) ed abbiano attraversato l’Atlantico partendo dalle coste dall’Africa per lavorare nelle colonie dei paesi europei in condizioni di schiavitù. E naturalmente, a milioni, sono anche morti durante quelle assurde traversate. Per i padroni poi era difficile comprendere quegli uomini per via della lingua sconosciuta, e quindi veniva comodo “scimmiottarli”, rivolgersi a loro facendo il verso degli animali, per spaventarli, per umiliarli. “Buuu”. I razzisti di oggi, insomma, fanno esattamente la stessa cosa che facevano i razzisti di quattrocento anni fa, perpetuando una indecente storia di prepotenza e di dolore.

Eppure Cané, in un altro punto dell’intervista, ricorda bene le ingiustizie e la sofferenza patite in Brasile, quando dice “..io venivo da un paese dove le differenze razziali si sentivano ancora. Noi neri eravamo la maggioranza, ma certo eravamo anche la parte più povera”. E ciò dimostra una volta di più l’esistenza di quell’assurdo cortocircuito a causa del quale la vittima di razzismo spesso è tanto assuefatta alla condizione di disagio in cui è vissuta, da non riconoscere più le caratteristiche del male che gli è stato fatto per generazioni.

I razzismi attuali

Appare superfluo a questo punto prendere atto delle incredibili analogie fra quella tratta e quel razzismo antico, con i barconi ed i razzismi attuali. Al punto che il presidente della Fifa, Gianni Infantino, ha colto l’occasione per intervenire in prima persona sull’argomento, almeno con riguardo agli stadi, condannando l’indolenza dell’Italia su questo delicato fronte e augurandosi provvedimenti preventivi e pene severe. Tutto ciò mentre, anche nel calcio internazionale, impera ancora un colonialismo culturale tale che, il nostro presidente federale di qualche anno fa, riferendosi all’ingresso di giocatori stranieri nei campionati europei, poté permettersi una dichiarazione su Optì – Pobà “che è venuto qua, che prima mangiava le banane, e adesso..”. E adesso è veramente ora di darci un taglio!

 

 

 

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