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Gli 80 anni di Cané: “Su Lukaku e Koulibaly non è razzismo, è voler innervosire l’avversario”

Intervista a Il Giornale: «Il razzismo è discriminazione, queste sono offese, anche se volgari. Devo tutto a Pesaola. Ferlaino mi vendette al Bari, non sapevo nulla»

Gli 80 anni di Cané: “Su Lukaku e Koulibaly non è razzismo, è voler innervosire l’avversario”

Jarbas Faustinho, noto a tutti come Cané, compie 80 anni oggi. Ha iniziato la sua carriera con l’Olaria, nel 1960 e l’ha chiusa con il Napoli nel 1975. Fino al 2001 ha allenato. Nella stagione 1994-95 ha affiancato Boskov sulla panchina del Napoli.

Oggi Il Giornale gli dedica una lunga intervista.

Cané è stato uno dei primi calciatori di colore in Serie A. arrivò alla fine dell’estate del 1962. Erano in tre, di colore, quell’anno: insieme a lui c’erano Jair da Costa, che sbarcò all’Inter e Germano de Sales, al Milan.

Racconta che all’epoca si ambientò subito, perché Napoli somiglia molto a Rio de Janeiro, città in cui è nato. Non si poneva il problema di essere un ragazzo di colore.

“Certo, allora a Napoli di neri se ne vedevano pochi e ricordo i ragazzini al Vomero che mi dicevano, quasi con curiosità, nero, nero, nero… E io rispondevo bianco, bianco, bianco e tutti a ridere”.

Sul razzismo negli stadi di oggi:

“Non credo che si tratti di razzismo. L’ho già detto quando c’è stato il caso Koulibaly. Il razzismo è discriminazione, queste sono offese, anche se volgari, è voler innervosire l’avversario, voler disturbare le società. Non sanno come insultarti e allora ti gridano negro. Ma io venivo da un paese dove le differenze razziali si sentivano ancora. Noi neri eravamo la maggioranza, ma certo eravamo anche la parte più povera. Pensi che c’erano ancora dei club calcistici, come la Fluminense, dove giocavano due o tre campioni di colore ma non erano ancora ammessi alla vita sociale del club. Uno di questi era addirittura Didì, che tra l’altro era sposato con una bionda bellissima che si è poi data da fare parecchio per far cadere queste barriere e far accogliere il marito in pieno”.

Nega che Achille Lauro lo scelse perché, in quanto nero, potesse far paura agli avversari:

“Questa storia è frutto della fantasia dei napoletani. Ma l’ho sempre accettata, mi sono adattato completamente al loro modo di pensare e di vivere”.

L’allenatore che gli ha dato di più, dice, è stato Pesaola:

“Se non fosse stato per lui probabilmente non sarei nemmeno qui, me ne sarei tornato a Rio. Lui mi spostò a giocare da ala perché aveva capito che in quel ruolo avrei dato il massimo. Però anch’io ce l’ho messa tutta, perché non volevo che il mio sogno fallisse, anche se il Napoli di allora era una società disorganizzata. Pesaola ci riportò in serie A, ci fece vincere la coppa Italia e ci fece sfiorare lo scudetto. Poi entrò in collisione con Fiore, che era invidioso di lui, e se ne andò via. A vincere lo scudetto a Firenze. Ma poi tornò a Napoli e io gli sono rimasto vicino fino ai suoi ultimi giorni”.

E poi l’arrivo di Ferlaino, che vendette il campione brasiliano al Bari per 86 milioni.

“Ricordo che lo scoprii in aereo mentre tornavo dal Brasile e uno steward mi fece vedere un giornale con la notizia in prima pagina: Cané al Bari. Se non fossi stato sposato, sarei tornato a Rio con quello stesso aereo. Mi sentii tradito, cercai di oppormi, ma allora c’era poco da fare”.

L’intervista si chiude con una provocazione: le dava più fastidio se le davano del negro o del terrone?

“Ah… Non ho mai avuto di questi problemi. Le offese per il colore della pelle le fanno persino ai gialli. E pensi le discriminazioni che hanno subito gli ebrei. Eppure non mi risulta che fossero neri…”.

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