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“Diabolik aveva la pensione d’invalidità”. La moglie: “Alle spalle uccidono i sorci”. Si sentiva in pericolo

Sarebbe caduto in una trappola. Aveva dato appuntamento in un luogo affollato. La sua guardia del corpo è scappata terrorizzata. L’omaggio nella sede degli Irriducibili

“Diabolik aveva la pensione d’invalidità”. La moglie: “Alle spalle uccidono i sorci”. Si sentiva in pericolo

Una rassegna stampa relativa alla morte di Fabrizio Piscitelli lo storico capo degli Irriducibili della Lazio, ucciso con un colpo la nuca Roma l’altra sera, al Parco degli Acquedotti. 

Una trappola
Diabolik si era seduto su una panchina dentro il parco a pochi metri dalla strada. Accanto a lui il suo autista body-guard cubano, assunto da una settimana che, dopo aver assistito all’omicidio — una pallottola sparata con una calibro 7.65 appoggiata sulla nuca, all’altezza dell’orecchio sinistro, lui che piombava in terra come un sacco — scappava via a piedi, per poi saltare in macchina e dirigersi verso il raccordo anulare. Il cubano «è terrorizzato» raccontano. gli inquirenti: il killer avrebbe tentato di sparare anche a lui ma la pistola si sarebbe inceppata. L’autista potrebbe aver visto il. killer in faccia, ma «aveva il cappuccio che gli nascondeva il volto». Piscitelli aveva un appuntamento, forse una trappola, ma l’autista non sa con chi: «Io l’ho soltanto portato». Quello che si sa è che il killer è scappato. a piedi, ma probabilmente lo aspettava un complice in moto.
Repubblica

Omicidio eccellente
«Secondo investigatori di lungo corso, è dai tempi dell’omicidio del boss della ‘ndrangheta Vincenzo Femia crivellato di colpi a Trigoria nel 2013, che a Roma non si annoverava un delitto tanto eccellente. E carico di possibili conseguenze. Perché Piscitelli, al di là, del suo ruolo ultrà, è stato da sempre considerato snodo cruciale per la composizione dei più svariati equilibri, non solo sugli spalti dell’Olimpico. E potrebbe avere dato fastidio ai nuovi signori della droga, soprattutto ai grossisti calabresi ormai ras specie a San Basilio, la piazza di spaccio più florida della Capitale».
Il Messaggero

Infranta la pax mafiosa
L’unica certezza è che quell’omicidio è un pessimo affare. Lo sanno tutti a Roma che le pallottole mettono a rischio la linfa criminale della metropoli, quell’enorme fiume di droga distribuito in cento piazze di spaccio e smistato all’ingrosso in tutta Italia. Chi ha deciso la morte di Fabrizio Piscitelli, il Diabolik delle trame in Curva Nord e della mala rampante capitolina, si è assunto una grande responsabilità. Ha infranto la pax mafiosa che regola “il mercato ideale” delle cosche, come lo definiva il procuratore Giuseppe Pignatone citando l’intercettazione di un ’ndranghetista: il posto perfetto dove arricchirsi e riciclare, così vasto e affamato di cocaina da offrire spazio a chiunque. A patto però di non sparare.
Repubblica

Aveva molti nemici
«Diabolik» aveva molti nemici, a volerlo morto era più di qualcuno. Ne sono convinti gli investigatori della Direzione distrettuale antimafia e della Squadra mobile che indagano sull’omicidio di Fabrizio. Piscitelli.
Corriere della Sera

Piscitelli aveva capito
Le intercettazioni telefoniche scattate dopo l’uccisione di Piscitelli avrebbero già fornito un quadro abbastanza chiaro dello scenario nel quale è stato pianificato l’agguato. E rivelato che lui avrebbe capito che stava per accadere qualcosa, tanto da dare l’ultimo appuntamento in un luogo affollato, come il parco di via Lemonia. Non è bastato tuttavia per scoraggiare l’assassino, che potrebbe essere stato ripreso dalla telecamera di un palazzo di fronte alla panchina.
Corriere della Sera

La moglie: i sorci uccidono alle spalle
«Mio marito è stato più amato che criticato. Di certo rispettato da tutti. Chi gli ha sparato alle spalle ha agito come un sorcio. Non si uccide una persona in quel modo, non si toglie la vita a un essere umano così».
Intervista al Messaggero

La pensione d’invalidità
Diabolik continuava a vivere tranquillo nella sua villa a Grottaferrata. Frequentava la sede degli Irriducibili in via Amulio, zona Colli Albani. E ogni mese, sul suo conto personale, arrivava il bonifico dell’Inps per la pensione d’invalidità.
Repubblica Roma

“Ha pestato i piedi a tante gente”
«Fabrizio voleva espandersi sempre di più. Era partito da Ponte Milvio ma si era preso le piazze di spaccio di Tuscolano, Porta Furba e Romanina, grazie all’appoggio dei napoletani».  parlare è Marco (nome di fantasia), conoscente di Diabolik da oltre vent’anni che preferisce rimanere anonimo. Ha conosciuto Fabrizio Piscitelli, il capo ultrà. della Lazio assassinato mercoledì. pomeriggio nel parco degli Acquedotti a Roma, ai tempi in cui frequentava la sezione di destra di via Ottaviano e aveva in tasca la tessera del Fronte della Gioventù. «Militava con Massimo Carminati, Ciavardini e gli altri di quel giro – racconta – insomma quelli della sezione di Prati. Lo conoscono tutti negli ambienti di destra e a parte il suo ruolo indiscutibile di leader negli Irriducibili si è fatto diversi nemici, ha pestato i piedi a tanta gente».
Il Messaggero

Eterno Peter Pan
Yuri Alviti, ex membro del direttivo degli Irriducibili contattato dall’AdnKronos, ha detto: «Ho un ricordo indelebile, Fabrizio era e rimarrà per sempre il mio amico del cuore. Lui era un eterno Peter Pan.
Repubblica Roma

Carminati
Carminati aveva intuito per primo l’importanza di superare gli schemi stipulando alleanze calcisticamente trasversali con Piscitelli da un lato e con il romanista Mario («Marione») Corsi dall’altro. Circostanza che è valsa a«Diabolik» una citazione nell’inchiesta sul «Mondo di Mezzo».

È come aver perso un fratello
«Per chi sta qui (la sede degli Irriducibili)  è come aver perso un padre o un fratello», racconta Riccardo Rastelli, lo speaker più ascoltato della “voce della Nord”, l’emittente degli ultrà, un’infinità di ore passate in redazione con Piscitelli. Per il resto, taglia corto, «non c’è nulla da dire, è il momento del dolore. Ci faremo sentire, ma a modo nostro. Come e quando vorremo». Verso i giornalisti, c’è ostilità. La sera dell’agguato, alcuni cronisti sono stati insultati e spintonati.
Il Messaggero

«Siamo tornati ai tempi del Libanese?»
A cento metri, su un muro di piazza Santa Maria Ausiliatrice, c’è una scritta accanto a una croce celtica: «Vestìti bene o male, belli o brutti, menamo a tutti». Postilla: «Romanista coniglio». Ma ieri il clima era un altro, marchiato dal lutto. Toccherà trovare un erede, quindi. I capi della Nord si riuniranno di nuovo, per decidere a chi affidare la Curva. Tra i più ascoltati c’è Alessandro, detto “Sandro er Cinese”, più d’uno vede in lui la possibile, nuova guida. Anche perché altri sono impelagati in vicende giudiziarie. Si vedrà. Fino a ieri nessuno voleva guardare al futuro, si mostrava solo il dolore per l’omicidio del “Diablo”, a cui facevano da cassa di risonanza le emittenti biancocelesti. Un ascoltatore, a Radio Sei, si chiedeva: «Siamo tornati ai tempi del Libanese?»
Il Messaggero

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