Su Il Giornale: Il football ha bisogno di polpa, de sangre y mierda. De Rossi lo ha dimostrato in Italia e ribadito a Buenos Aires: il calcio vero è di tutti ma non da tutti
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Su Il Giornale Tony Damascelli mette a confronto Daniele De Rossi e Neymar. Due universi contrapposti che dimostrano che il calcio, quello vero, non è certo da tutti.
Il primo, 36 anni all’anagrafe, ha conquistato il popolo del Boca al suo esordio in campo contro l’Almagro: un gol di testa che gli è valso il tripudio del suo nuovo pubblico (anche se la partita è finita con una sconfitta).
Ha ribadito così di essere un professionista.
“Nessuno ne ha mai messo in discussione la personalità, l’intelligenza tattica, la passione a volte non regolata”.
Dall’altro lato, Neymar. Che chiede di tornare a Barcellona perché
“non sa più che fare delle notti francesi, al punto che, spesso e volentieri, saliva a bordo di voli privati e puntava verso siti e dimore lontane, per trastullarsi con i milioni garantiti dai qatarioti”.
Avrebbe ancora l’età e i muscoli per andare avanti, al contrario di De Rossi che è alla fine della carriera, e invece fa i capricci.
“C’è chi bagna di sudore la maglia e resta in piedi anche quando il vento degli infortuni ne frusta il corpo e chi al primo soffio rotola, frigna, si lamenta e chiede soccorso, spesso in natura”.
Neymar è un ragazzino viziato che non è paragonabile a Ronaldinho, Ronaldo, Zico, Falcao, Socrates, Rivelino, figuriamoci a Pelé, tutta gente di un altro mondo, scrive Damascelli, “nonostante vizi e privilegi”.
È, piuttosto,
“il prodotto classico di questa generazione di calciatori con il culetto nella nutella, le ramblas di Barcellona o les boites di Parigi sono di sua competenza, il football, anzi il fucibol, ha bisogno di polpa, de sangre y mierda. De Rossi lo ha dimostrato in Italia e lo ha ribadito a Buenos Aires. Il calcio, quello vero, è di tutti ma non è da tutti”.