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Damascelli (Il Giornale): Inter e Napoli smentiscono l’alibi italiano del mercato lungo

Gli altri giocano e noi parliamo. In Italia solo trattative flop e voci che ingannano gli ignoranti. Si dice che gli altri sono più pronti di noi ma l’Inter e il Napoli vincono le amichevoli contro le rivali

Damascelli (Il Giornale): Inter e Napoli smentiscono l’alibi italiano del mercato lungo

Mentre all’estero iniziano a giocare, in Italia imperversa il calciomercato. Si parla e basta. Ci sono solo rumors, voci, che ingannano “l’ignorante del tema”, scrive Tony Damascelli su Il Giornale.

E così i social si riempiono di sciocchezze. Il caso Guardiola docet. E’ rimasto dove si trovava, cioè al City. Così come Icardi è rimasto all’Inter, Dybala alla Juve come Higuain e Dzeko alla Roma.

“I procuratori ronzano attorno al miele, i club aspettano e sperano e, intanto, all’estero si gioca, si incomincia a fare sul serio, si occupa lo spazio vuoto e inutile del chiacchiericcio quotidiano, mosche e zanzare seguitano a molestare giornali, radio e televisione, presunti scoop, annunci clamorosi”.

Venerdì inizieranno la Ligue 1 in Francia e la Premier League in Inghilterra. Una settimana dopo, il 16 agosto, toccherà alla Liga di Spagna e alla Bundesliga di Germania. L’Italia è invece sempre ultima.

Da noi ci si nasconde dietro il solito alibi, quello secondo cui i nostri avversari, proprio perché i loro campionati iniziano prima, sono più avanti nella preparazione. Ma sono “balle colossali”, scrive Damascelli. Lo dimostrano l’Inter e il Napoli e le loro prestazioni contro il Tottenham, il Marsiglia e il Liverpool. Hanno vinto, sia in termini di risultato che di prestazione.

L’Italia chiude sempre per ultima perché

“le istituzioni non viaggiano alla stessa velocità del continente, perché le stesse pensano che con l’introduzione del Var l’Italia abbia fatto un passo più veloce delle altre, dimenticando che prima la preparazione degli arbitri poi le tecnologie, perché il calcio italiano vive di rendita ma non ha ancora capito e assorbito le nuove strategie di investimento e di comunicazione”.

Damascelli porta come esempio la questione dei diritti televisivi. Si parla di distribuirli tra due piattaforme, una “garantita nella qualità e nella puntualità del servizio”, l’altra, invece, “improbabile, inaffidabile, a parte la propaganda pubblicitaria che tenta di mascherare le lacune tecniche di diffusione”. Ma questa cosa importa solo agli utenti, che sono imbufaliti, non a chi incassa quello che deve e non si interessa della qualità del servizio da rendere al cittadino abbonato.

“In verità c’è fame di pallone, quello vero e non quello gonfiato di aria tossica. Gli altri giocano e noi parliamo. Dobbiamo aspettare il nostro turno, abbiamo in mano il numero alto, siamo in coda, ultimi della fila. Un bell’applauso a tutti”.

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