Su Repubblica scrive che, se va via Dybala, “se ne vanno una maglia, un numero, forse un’idea”. La stagione della Juve è quella della svolta assoluta, “anche i numeri lo capiranno”
La Juventus dà via Dybala e, con lui, “se ne vanno una maglia, un numero, forse un’idea”, scrive Maurizio Crosetti su Repubblica.
Se va una suggestione di bellezza
I numero 10 della Juve sono sempre stati magnifici, anche se non sempre il numero ha coinciso con il ruolo.
Il più grande 10 della storia del club, Platini, definì Roberto Baggio (che nella classifica dei 10 occupa il primo posto), “un nove e mezzo”. Del resto, se Dybala fosse rimasto nella squadra allenata da Sarri, non avrebbe fatto “la punta del compasso” ma avrebbe ricoperto più il suolo che ha Mertens.
“Un tempo il 10 era il regista, poi è diventato più rifinitore, un attaccante aggiunto che fa sponda e conclude”.
Dopo “lo splendore assoluto di Alessandro del Piero” che Crosetti definisce “il più classico tra i contemporanei”, la maglia numero 10 non venne assegnata, poi fu data a Pogba, “che con quel numero non c’entrava niente”, e, dopo, a Tevez “che è stato un drago ma non un 10”.
Poi è venuto Dybala, “e qui ci siamo per classe, odore del gol e unicità dei colpi”.
Ma l’argentino, scrive Crosetti, è stato “un 10 friabile”, con il cuore freddo e che ha intuito, per una stagione, quale sarebbe stato il suo destino, tanto da scegliere il numero 21.
“Si spezza così una linea lunga e sottile che andava da Giovanni Ferrari, leggenda degli anni Trenta, fino a John Hansen e poi a Del Sol, senza trascurare Fabio Capello e quel gran signore di Brady. Ma è con Sivori che la maglia comincia a splendere, e con Platini a farsi scettro e manto regale”.
Dopo, c’è stata “la classe inarrivabile di Baggio, un diamante”, e poi Del Piero.
“Adesso la Juve cambia tutto, è la stagione della svolta assoluta, anche i numeri lo capiranno. Del resto, lo ha compreso pure quella bizzarra divisa da fantini, senza strisce, la meno juventina tra le tante Juventus che la memoria custodisce”.