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Sacchi: «Mi dissero che un mio giocatore era gay. Per come giocava, avrei voluto lo fossero anche gli altri»

Intervista a La Verità, ripresa da Dagospia. «Una volta Gullit mi chiese scusa ma disse: “Non parli più del colore della mia pelle”. Aveva ragione»

Sacchi: «Mi dissero che un mio giocatore era gay. Per come giocava, avrei voluto lo fossero anche gli altri»
foto Andrea Rigano'/Image Sport

Dagospia riprende da “La verità” una lunga intervista ad Arrigo Sacchi. L’ex ct della Nazionale si sofferma su tanti temi, dai rapporti con Berlusconi alla sua tattica di gioco ai giocatori che ha allenato.

Il razzismo

Come Ruud Gullit. La squadra doveva partire per Avellino in aereo ma Gullit non si presentò all’imbarco. Sua moglie comunicò al club che non aveva dormito a casa. Alla fine lo trovarono in sala d’aspetto che dormiva.

“Quando arriviamo, mi chiudo in camera con lui e gli faccio uno shampoo: “Ti sei visto allo specchio? Non ti vergogni? Sembri un fantasma, è la prima volta che vedo uno di colore diventare bianco”. In campo era come se non ci fosse”.

Dopo due settimane ci fu il derby e Gullit giocò in maniera esaltante.

“Chiese di parlarmi: “Ad Avellino ho sbagliato e le chiedo scusa. Ma in futuro non metta più in mezzo il colore della mia pelle”. Aveva ragione”.

Sacchi continua sul tema razzismo dicendo che nel calcio siamo rimasti molto indietro sul tema razzismo:

“C’è mancanza di cultura, di rispetto per l’ avversario, c’ è maleducazione. Dovremmo andare allo stadio come si va a teatro. Invece qual è lo slogan più scandito? “Devi morire”. Siamo rimasti ai tempi del Colosseo e al pollice verso».

L’omosessualità

Non solo razzismo. Sacchi si sofferma anche sul rapporto tra omosessualità e calcio.

“Guardi, io non ho mai fatto il poliziotto dei miei calciatori: se li facevo giocare, è perché mi fidavo. E se mi fidavo, non andavo certo a controllare se facevano o meno sesso prima del match, o con chi. Quando, allenando una squadra (l’anticipo: non era il Milan), mi fu sussurrato che di uno dei ragazzi si diceva fosse gay, osservai che, visto come rendeva in campo, avrei voluto lo fossero anche gli altri”.

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