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Repubblica: La Roma pensa a dirottare il nuovo stadio a Fiumicino

Gli americani non vogliono vanificare l’investimento già effettuato e pensano a un piano B qualora la trattativa con il Campidoglio dovesse naufragare

Repubblica: La Roma pensa a dirottare il nuovo stadio a Fiumicino
Il (possibile) nuovo stadio della Roma

Su Repubblica la questione dello stadio della Roma.

Gli americani hanno già speso 93 milioni per il nuovo stadio e non intendono assistere inermi mentre tutti questi soldi finiscono nella pattumiera. Per questo motivo, nelle scorse settimane, hanno sondato la disponibilità del Comune di Fiumicino come piano B per ospitare l’impianto destinato a Tor di Valle nel caso in cui la trattativa con il Campidoglio dovesse naufragare.

La convenzione che dovrebbe sbloccare l’operazione (un investimento da 1,2 miliardi di euro sborsati dai fondi americani in cordata con Pallotta) ancora non c’è, nonostante la conferenza dei servizi si sia conclusa nel giugno 2018.

L’ultimo ostacolo del Campidoglio

L’ultimo ostacolo posto dal Comune riguarda la contestualità tra l’apertura dell’impianto sportivo e la realizzazione delle opere pubbliche, che però non dipendono da chi deve realizzare lo stadio.

Per avere il via libera, inoltre, occorre la ratifica della variante urbanistica da parte della Regione di Zingaretti e il voto del consiglio comunale grillino della capitale. Con in mezzo la tempesta giudiziaria che ha travolto il costruttore Luca Parnasi e Luca Lanzalone, superconsulente della sindaca Raggi.

La Roma chiede un parere giuridico

La Roma tenta di mettersi al riparo. Il club ha chiesto un parere alla giurista Luisa Torchia su cosa accadrebbe se il Campidoglio revocasse la dichiarazione di interesse pubblico per il progetto dello stadio o se il Comune bloccasse la ratifica finale della conferenza dei servizi che ha già approvato il progetto.

“Quel parere è un modo per mettere le mani avanti. E com’era ovvio sostiene che il Comune a questo punto non può tirarsi indietro”.

L’ipotesi Fiumicino

Mentre gli investitori americani scalpitano, Pallotta pensa a un piano B, appunto Fiumicino. Qui la ferrovia corre parallela all’autostrada per l’aeroporto, le infrastrutture già ci sono e il Comune sarebbe disposto ad accogliere il nuovo stadio a braccia aperte.

“Sette anni ci sono voluti per arrivare a questo. Sette anni, tre sindaci e un commissario prefettizio. Sette anni e ben due conferenze dei servizi. Con in più la defenestrazione di un assessore, Paolo Berdini, che era fieramente contrario all’aumento delle cubature. Cacciato via proprio da chi non aveva invece voluto «le Olimpiadi del mattone»”.

Gli antecedenti: le offerte pervenute

Repubblica ricostruisce tutto l’iter. Sotto l’amministrazione di Alemanno, nel 2012, la Roma comunica pubblicamente che cerca un’area per costruire lo stadio. Arrivano 86 offerte, ne vengono selezionate 3 e tra queste si sceglie la migliore, il quartiere Collatino. I proprietari del terreno sono i costruttori Gianni, eredi di Anacleto, già presidente della Roma. L’are però misura solo 13 ettari.

La seconda offerta in graduatoria riguarda la stessa zona e un terreno più grande, che fa capo alla Fintecna, società del Tesoro. In questo caso il problema è rappresentato dal fatto che l’area è tagliata in due dalla strada e che la società è pubblica, per cui dovrebbe fare un bando.

Infine c’è Tor di Valle, stessa proprietà dell’Ippodromo e in stato di abbandono. Su quest’area ha messo gli occhi Sandro Parnasi (padre del Luca finito nei guai) per farci un centro residenziale. Cambia idea e si accorda con la Roma: le sue pendenze con Unicredit potrebbero essere sistemate dando alla banca uno dei due grattacieli progettati dall’architetto americano Daniel Libeskind.

La sospetta speculazione

L’operazione diventa un caso: si sospetta una speculazione con la scusa dello stadio. L’allora consigliera comunale Virginia Raggi (il sindaco era Marino) ipotizza di ritirare la delibera di pubblica utilità dello stadio a Tor di Valle.

“Ma il Comune guidato da Ignazio Marino ci ha messo il timbro. E se il commissario Francesco Paolo Tronca se ne tiene alla larga, Virginia Raggi da sindaca non può farlo”.

Inizia la demolizione del vecchio progetto:

“Berdini gli fa la guerra, aiutato anche da un vincolo dei Beni culturali sul vecchio ippodromo che spunta dopo tre anni. I grillini però sbandano e la logica del compromesso prevale. Via l’assessore insieme ai grattacieli e a quello che si può eliminare”.

Lo stadio, però, va fatto. Il progetto viene approvato e si chiude la seconda conferenza dei servizi. Solo due giorni dopo, però, vengono arrestati Luca Parnasi, che ha ereditato l’affare dal padre Sandro, morto due anni prima, e Lanzalone.

I magistrati chiariscono che il progetto dello stadio non è coinvolto nell’inchiesta ma da quel momento in poi tutto si rallenta. E gli oppositori non demordono.

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