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Quell’estate del 2000: tre nomi per sognare

Più penso e rifletto sull’ipotetico trio di nuovi acquisti azzurri Manolas, James Rodriguez ed Icardi ( Lozano va bene uguale, sia chiaro) e più la mia mente va sempre lì: Samuel, Emerson, Batistuta.

Quell’estate del 2000: tre nomi per sognare

Samuel, Emerson, Batistuta.

Devo confessare che da settimane ormai nella mia mente rimbalzano di continuo questi tre nomi. Effetti della calura estiva sempre più opprimente per chi è ancora impegnato tra scartoffie come il sottoscritto? Non proprio, o almeno non solo.

Più penso e rifletto sull’ipotetico trio di nuovi acquisti azzurri Manolas, James Rodriguez ed Icardi ( Lozano va bene uguale, sia chiaro) e più la mia mente va sempre lì: Samuel, Emerson, Batistuta.

Perché proprio loro? Beh perché da buon sognatore le analogie con quello che accadde nella famosa estate del 2000 sulla sponda giallorossa assomiglia molto a quello che potrebbe accadere quest’anno al Napoli.

Ed infatti anche quella Roma era alla seconda stagione in panchina con un top coach guarda caso ex Milan, Fabio Capello: esattamente come per l’Ancelotti attuale a Napoli.

Dopo un anonimo sesto posto nella sua prima stagione, Don Fabio senza troppi fronzoli fece recapitare al compianto Franco Sensi un messaggio diretto: serve aumentare la qualità della rosa per provare a vincere lo scudetto. Pochi nomi, ma di spessore. Per l’appunto The Wall ( Samuel), il Puma ( Emerson) ed il Re Leone ( Batigol).

Sembra essere lo stesso identico percorso che sta seguendo Carletto sulla panchina azzurra. Alla faccia di chi ha raccontato per mesi un Ancelotti aziendalista pronto ad accettare ogni scelta societaria, com’era invece facile prevedere il mister emiliano sta decisamente incidendo sulle strategie di mercato.

E per l’appunto Manolas, James e Maurito hanno di fatto lo stesso ruolo in campo che avevano Samuel, Emerson e Batistuta nella Roma: centrale difensivo, regista di centrocampo e punta centrale. E c’è da scommettere che giocatori del genere immessi nel già importante telaio azzurro potrebbero avere uno strabordante impatto nella prossimo campionato. D’altronde le analogie con quella storica epopea romanista non si limiterebbero ai nuovi acquisti ed all’allenatore ex Milan: quella Roma scudettata in panchina aveva tra gli altri un folletto ( Montella) pronto a subentrare in ogni momento per risolvere partite complicate ( chi ha pensato a Ciro Mertens per il Napoli?).

Tante similitudini con quella che fu l’estate che portò al terzo scudetto giallorosso, che grazie anche al tricolore laziale dell’anno prima regalò agli appassionati calciofili un po’ d’aria fresca rispetto alla solita dittatura Torinese/Milanese: proprio quello che ci vorrebbe oggi dopo il lungo dominio juventino.

Se esiste un motivo per il quale De Laurentiis oggi e Sensi allora hanno scelto i settentrionali e pluri decorati Ancelotti e Capello per allenare le loro squadre è uno sopra tutti: l’abitudine alla vittoria. La capacità di essere asettici, obiettivi nel cercare di individuare i tasselli necessari per provare a svettare su tutti gli altri, al netto di ogni sentimentalismo o dogmatismo tattico.

Nessun condottiero. Niente capo popolo o comandante alla guida di una città. Al contrario manager preparati che devono portare a casa risultati. Cosi funziona nelle aziende che hanno successo.

E se Napoli come Roma, piazze dove si è spesso detto (forse non a torto) che sia più complicato vincere, per trionfare dovrà dire grazie ad un padano, che ben venga.

Poco romantico forse, ma tremendamente efficace. Quello che probabilmente servirebbe a Napoli e Roma anche nelle questioni più serie del pallone: ma questa è tutt’altra storia. O forse no…

 

 

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