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Le 10 cose da ricordare di Napoli-Cremonese

Le giocate e i momenti migliori dell’amichevole di Dimaro. Con i flash che riportano al passato

Le 10 cose da ricordare di Napoli-Cremonese

È stato un pomeriggio di grande ingenuità. Ci siamo fatti distrarre dal calcio giocato, anziché restare concentrati sul mercato e sulle trattative. Per fortuna ci aspettano un po’ di giorni senza questo fastidio delle partite. Li trascorreremo provando a dimenticare le 10 cose da ricordare di questa amichevole.

Uno. Il capitano della Cremonese è un brasiliano. Si chiama Claiton. Come il cattivo nel film della Disney su Tarzan. Il fatto che un brasiliano sia il capitano della Cremonese mi spiazza. La Cremonese è nei miei ricordi la squadra che esordì in Serie A nello stesso giorno in cui lo faceva Maradona, il 16 settembre del 1984. Loro a Marassi con la Samp e Diego al Bentegodi contro il Verona. Due sconfitte. Alla Cremonese avevamo provato a vendere Dirceu, brasiliano, che con l’arrivo di Maradona e di Bertoni era quel che oggi si dice un esubero. All’epoca lo era a tutti gli effetti perché si potevano tesserare solo due stranieri. Così il Napoli studiò l’ipotesi di metterlo in cassa integrazione o di venderlo a Cremona. Dirceu si impuntò. Disse che lui era un calciatore del Napoli e il miliardo di ingaggio lo esigeva dal Napoli. “Io sento di impazzire, non mi aspettavo questo trattamento”. Solo l’anno prima erano andati ad accoglierlo cinquemila tifosi all’aeroporto, fracassando auto, transenne e bagagli. Vi furono scene di delirio. Il sindacato calciatori si schierò dalla sua parte. Finì che Dirceu si accordò per la parte economica con una buonuscita e andò all’Ascoli. A Cremona presero il polacco Zmuda. Ora hanno Claiton.

Due. Il debutto di Elmas. Ha giocato una ventina di minuti per conoscere la squadra e per farsi conoscere. Pochi. Dovrebbe portare le sue doti totali, di centrocampista moderno per dirla alla Ancelotti, in una porzione di campo dove Gaetano mostra qualità quando ha il pallone e fragilità se c’è da inseguire l’uomo. Con un reparto a due dietro le tre mezze punte, un uomo non si può concedere. Aspettando Fabián Ruiz.

Tre. Un altro gol di Verdi. Qui la cosa si fa seria. Non ci siamo abituati. Si rischia di perderne il conto. È più preoccupato di noi il Torino, che teme di veder salire il prezzo. Siamo intorno ai 30 milioni, a questo punto. Dalla prossima amichevole Sky non li trasmetterà più in chiaro. È un segno. Caro Torino, vuoi i gol di Verdi? Pay per view.

Quattro. Il colpo di Soddimo da lontano per il 3-3. Soddimo è parso una specie di Harry Kane di provincia. Succede. Con la Cremonese spesso. Nel settembre di 25 anni fa facemmo sembrare Andrea Tentoni una specie di Gary Birtles. Ora voi potete non sapere chi era Gary Birtles, ma Andrea Tentoni no. Andrea Tentoni era secondo Gigi Simoni il più grande calciatore del mondo se il calcio si fosse giocato solo in contropiede. In più la prendeva pure di testa. Fece due gol quel giorno, il secondo molto contestato perché l’arbitro Rodomonti non diede a Fabio Cannavaro il permesso di rientrare in campo dopo essere stato soccorso per un infortunio. Il libero era la meteora Grossi. Un disastro. Giancarlo Fini, segretario di AN, disse: “Il Napoli è la squadra peggiore del campionato”.

Cinque. La distrazione di Meret. È l’altra faccia del colpo di Soddimo. Il suo autogol è conseguenza di uno smarrimento. Come se avesse perso l’orientamento rispetto alla porta. Mi sono ricordato di quando Taglialatela, nel gennaio del 94, concesse al San Paolo un gol con una mezza papera al cremonese Gualco. Ma aveva parato prima un rigore a Dezotti.

Sei. La finta di Younes prima del gol. È entrato dalla panchina e ha segnato il 3-2. Conosce l’arte di cogliere l’attimo. Per questo piace a Carletto, oltre che per i suoi virtuosismi da suonatore di violino. A proposito di Cremona e di violini. Quando morì Antonio Stradivari, 10 figli, escluse dal testamento i due che si erano fatti preti, quella che aveva scelto la vita monastica e pure il figlio restauratore e intagliatore, di nome Omobono, colpevole di aver fatto un viaggio senza il suo consenso. Era andato a Napoli.

Sette. Massimo Rastelli sulla panchina della Cremonese. Rastelli è un tarlo nella mia testa per i gol che si mangiò nel 2002 al San Paolo contro la Reggina, nello scontro diretto che poteva valere la
promozione in A. Oggi è un apprezzato allenatore. Sulla sua attuale panchina si sono seduti molti vecchi amici di Napoli: Galeone nel 78, Mondonico tra 82 e 86, Burgnich nel 1989, Rossitto nel 2015, Tesser nel 2016 ma soprattutto Gigi Simoni fra 1992 e 1996. Il Napoli lo ingaggiò proprio portandolo via alla Cremonese dopo uno 0-0 che lui aveva imposto agli azzurri al San Paolo. Dopo la partita svelò: “Il merito è tutto del giornalista napoletano che oggi nel suo articolo ci ha definiti una banda di musica. L’ho fatto leggere ai ragazzi e lo hanno smentito”.

Otto. L’attacco statico. Milik ancora lontano dalla condizione migliore. Mertens spesso imbottigliato. Insigne impegnato in una sua personale indagine alla ricerca della giocata giusta e della posizione esatta. Per una indagine non esiste partita migliore che quella tra Napoli e Cremonese, le squadre delle due città con le procure più esposte di recente nel mondo del pallone: Calciopoli 2006 e Scommessopoli 2011. Insigne ha chiuso le indagini con un tiro a giro.

Nove. La folla. A Dimaro saremo stati in tremila, pure qualcosa in più. C’è tanto entusiasmo intorno al Napoli. Ricordo un Napoli-Cremonese nel giugno del ‘99 al San Paolo con 89 paganti.

Dieci. La serenità di Ancelotti. O forse sarebbe meglio dire il suo controllo della situazione. In occasione dello serata al teatro San Carlo con l’attore Alessandro Siani, nel gennaio 2017 Maradona raccontò che gli scattò un clic nella testa dopo un Napoli-Cremonese. «C’erano 80mila persone sugli spalti per una partita che non contava nulla. Quella sera dissi: se non gioco per lo scudetto, non gioco più. Andai dal presidente a dirgli che Napoli meritava una grande squadra». Fidiamoci di lui. Ancelotti, dico.

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