Fedeltà non vuol dire fare voto di castità ma vuol dire “rispetto”. Divorziare da tua moglie va benissimo. Ma scegliere poi di sposare una sua amica che vi ostacolava e vi insultava, e che tu dicevi di disprezzare, è una cosa molto diversa.
Qualcuno, anche con una certa fretta e una certa insofferenza, cerca di ridurre la questione Sarri ad una rigida contrapposizione fra sarristi e non, oppure fra idealisti e cinici, fra napoletani da asilo nido e saggi conoscitori di calcio-business. Ma andando più indietro, per individuare la ragione per cui tutto questo meccanismo suscita reazioni, si rischia di rimanere sorpresi, e di scoprire che al posto di una contrapposizione c’è, semmai, una sovrapposizione. E si rischia anche di cambiare idea sulla presunta ingenuità dei napoletani/tifosi.
Quando infatti, come fa candidamente Lorenzo Insigne dal ritiro della nazionale, si parla di “tradimento”, non si dice una cosa falsa, e nemmeno piagnucolona o tanto meno sentimentale. Piuttosto si fa riferimento ad una bilancia, in cui i sentimenti, quelli sì sempre gli stessi, ad un certo punto sono pesati molto poco, mentre in altre occasioni sono la cosa più pesante di tutte.
Domandiamoci infatti cosa sia che spinge in direzione degli allenatori gli invidiabilissimi (ancorché assurdi) contratti con tanti decimali. Forse sono proprio la popolarità di cui gode il calcio, la partecipazione degli appassionati, il loro entusiasmo, il rapporto identitario con le maglie. Sono o non sono questi gli ingredienti che rendono speciali le coreografie, le grandi sfide allo stadio, le rimonte e i gol che arrivano al 119esimo minuto?! Ed è esattamente tutto ciò che si traduce poi in milioni di biglietti, milioni di abbonamenti tv, milioni di click in rete e, soprattutto, milioni di euro per molti addetti alla filiera-calcio.
Se dunque si va in un posto e si prende il meglio, perché la gente è generosa, partecipa con emozione e crede in quello che fai, quando è il momento di dare, sarebbe il caso di ricordare da dove arrivano le cose che hai già. O, in caso contrario, sarebbe il caso di accettare l’idea di essere dei rinnegati, e quindi dei rinnegabili.
Intervistato dal settimanale “Vanity Fair” (e già questa è una notizia in sé), il mister si domanda “Che vuol dire essere fedele? E se un giorno la società ti manda via? Che fai: resti fedele a una moglie da cui hai divorziato?”. Che furbacchione! Ma se il problema fosse la fedeltà in senso stretto, allora un allenatore non potrebbe mai cambiare squadra, aggiungiamo noi. Eppure, guarda caso, il trasferimento al Chelsea non ha suscitato alcuna reazione, e forse anche quello al Milan dell’anno scorso, non l’avremmo preso poi troppo male. Fedeltà infatti non vuol dire fare voto di castità, o tenere il lutto a vita, ma vuol dire “rispetto”. Divorziare da tua moglie va benissimo. Ma scegliere dopo un po’ di sposare una sua amica str..za che vi ostacolava e vi insultava, e che tu dicevi di disprezzare, è una cosa molto diversa. E’ proprio così che si tradisce, gli altri e naturalmente se stessi!
La professione infatti può spingerti legittimamente dove non avresti mai immaginato, sia per soldi che per vanity. Ma scegliere professionalmente di fare o non fare una cosa, descrive anche abbastanza bene chi sei. E dice molto su quei sentimenti sovrapposti che, se un giorno ti hanno fatto ricco dentro e fuori, perché valevano davvero moltissimo, ora sembrano invece solo come debiti, che neghi finanche di avere contratto.