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Salvini si appella al senso di responsabilità dei tifosi di Lazio e Atalanta (non sta messo benissimo)

Il ministro dell’Interno si gioca la faccia sull’ordine pubblico della finale di Coppa Italia di mercoledì insistendo con la strategia del dialogo con gli ultras

Salvini si appella al senso di responsabilità dei tifosi di Lazio e Atalanta (non sta messo benissimo)

Il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini scrive alla Gazzetta dello Sport per chiedere ai tifosi di Atalanta e Lazio di vivere serenamente la finale di Coppa Italia in programma a Roma mercoledì. Dice che si aspetta dalle due tifoserie una prova di responsabilità, in particolare dalle curve, perché “eventuali tensioni rovinerebbero gli sforzi fatti negli ultimi mesi”.

Quali sforzi? Salvini lo chiarisce subito dopo:

“Nei giorni successivi avevo messo la faccia per dire alle curve di tutta Italia e agli sportivi un concetto chiaro. Sarebbe stato più facile, per un ministro dell’Interno, teorizzare il pugno duro. Vietare striscioni e trasferte, chiudere interi settori, azzerare le discussioni. Invece, avevo scelto un’altra via. Quella del dialogo e del buonsenso, senza voler penalizzare ampie fette di pubblico per colpa di pochi “.

il vicepremier rischia e si gioca la faccia dunque. Porta avanti la sua politica morbida e cerca il dialogo anche con le frange del tifos ultras. Uno sforzo che tenta di arginare i pochi facinorosi che quasi ogni domenica si macchiano di gesti totalmente irresponsabili, richiamandoli alla responsabilità.

Ma ci si può mai appellare alla responsabilità o al buon senso rivolgendosi a capi ultrà che affiggono striscioni inneggianti a Mussolini? O a quanti intonano cori razzisti contro giocatori di colore? Gente che ai nostri giorni continua a mettere in scena comportamenti del genere è priva di qualsiasi porzione anche infinitesima di responsabilità, senso del giudizio, consapevolezza della differenza tra bene e male. L’unica cosa che possiede è una buona dose di fanatismo e un ridotto quoziente intellettivo.

Come è possibile che Salvini invochi la responsabilità di questi pochi, piuttosto che decidere di applicare il pugno duro? La strada, tra l’altro, che proprio lui definisce più semplice da percorrere e a ragione, visto che si tratta di pochi, ben riconoscibili, i soliti noti.

Gli stadi devono “tornare a riempirsi di pubblico, colore e passione”, scrive Salvini. Bene, il primo passo è restituire gli stadi alla parte sana del pubblico, quella che, appunto, allo stadio non va più perché non ha neanche un posto assicurato, perché se il capo ultrà ha deciso che quel posto deve essere occupato da una bandiera, non c’è biglietto che tenga e se il capo ultrà ha deciso che devi cantare, tu devi cantare, sennò passi un guaio.

Questa è la mentalità che lascia deserti gli stadi. E non sono tutti gli ultrà responsabili di questo stato di cose. Sono appunto pochi facinorosi.

Salvini sceglie di parlare solo con questi pochi, ma non con la solita prosopopea e il distacco e il rigore con cui parla agli immigrati.

“Sono certo che anche i tifosi più caldi sapranno recepire il messaggio, comportandosi di conseguenza”.

Lo Stato continua a piegarsi ai tifosi, agli ultrà, a riconoscerli come interlocutori. Lo stesso vicepremier dichiara di scrivere sia in veste di figura istituzionale che di tifoso. Ma un ministro dell’Interno non può rivendicare il suo ruolo di tifoso né comportarsi come tale, dovrebbe avere l’autorevolezza di imporre uno stop alla violenza, fuori e dentro gli stadi.

Salvini non ha mai fatto mistero di non voler chiudere gli stadi e neppure di ritenere di dover sospendere partite per razzismo o cori discriminatori: per lui tra razzismo e rivalità c’è un confine così labile da non potersi quasi distinguere ma è una posizione pericolosa, la sua, perché apre troppi spiragli alla violenza.

Bisogna individuare i colpevoli, ha detto dopo Inter-Napoli, e invece adesso ci parla. Piuttosto che appoggiare apertamente quanto fatto dalla Juventus, che è riuscita ad individuare il tifoso che ha fatto il gesto dell’aeroplanino e a segnalarlo alle forze dell’ordine. Piuttosto che fare come si fa in Europa, dove il fenomeno della violenza negli stadi non è per niente sottovalutato.

I tavoli su cui gioca Salvini sono due e sono inconciliabili, lo abbiamo già scritto, prima o poi ne pagherà le conseguenze. La posizione che ha assunto è rischiosa.

Nella lettera Salvini risponde anche ai tifosi bergamaschi per quanto accaduto a febbraio dopo la partita di Coppa Italia contro la Fiorentina, quando i tifosi atalantini furono picchiati dai poliziotti sugli autobus:

“Non sottovaluto e non faccio finta di niente: seguo la vicenda e attendo risposte dall’inchiesta della Procura del capoluogo toscano”.

La partita di mercoledì è una partita ad alto rischio. Non si può aprire al dialogo, bisogna fermare lo scempio, lo abbiamo scritto più volte.

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