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Bellezza e volontà: il “si può fare” è un giusto equilibrio per vincere

Speriamo in un cammino che può iniziare già domani. Si può vincere senza rinunciare ad un gioco propositivo

Bellezza e volontà: il “si può fare” è un giusto equilibrio per vincere
Perché il richiamo insistente a Cruijff, nelle ore successive alla disfatta Juve per mano dei ragazzi terribili e arrembanti dell’Ajax? Perché è uno dei pochi simboli di una modernità monumentale in contrapposizione a quella pragmatica e nichilista che non lascia segni degni di confrontarsi con l’ingombrante passato?

La vittoria come unico valore

Nelle ore seguenti al rogo di Notre Dame si è fatto gran ricorso alla retorica dei simboli, quasi sempre in chiave europeista, quasi l’opera del genio gotico fosse tutt’uno con l’Erasmus e Mario Monti. E c’è una strana assonanza tra l’insistenza con cui si nega oggi un nesso tra la bellezza prodotta in quei secoli e il religioso, lo spirituale, quindi la ricerca di un contatto col divino – quasi si potesse prendere la prima facendo a meno del secondo – e l’idea dominante, prima della sconfitta definitiva dell’allegrismo, per cui la bellezza è mero estetismo, non porta a nulla, unico valore essendo il vincere a ogni costo, frutto di mero calcolo e volontà.

La bellezza è la sola a dare felicità all’uomo

La bellezza, invece, forma, educa, come diceva Schiller, è la sola a dare felicità all’uomo. Lo sa bene l’antico che non conosce i valori, cioè ciò che vale, ciò che si pesa, si misura, si quantifica, ma solo il bene, il buono, il bello. E non c’è popolo che abbia dentro di sé, nelle sue viscere, un tale serbatoio di antichità – da riattivare, rivivificare, certo – quanto il napoletano.
È certo per questa ragione, più che per altro, per l’essere noi, infine, figli di Caravaggio e Maradona, inclini al pirotecnico, al dispendio, che Sarri fece breccia nei nostri cuori. Fu portatore di bellezza, come altrove Pochettino e Klopp. C’era però, va detto, anche una bruttezza del sarrismo, in certi atteggiamenti, nel rapportarsi al potere, nel rifiuto narcisistico del potere. Nel suo atteggiarsi a contropotere interno, nel dolersi di un presidente che non compra o, comunque, nel fare da sponda a chi lo ripete come un mantra da anni, con effetti innegabilmente deleteri. Perché, va detto, anche questo insegna l’Ajax, contro i sarristi nostrani, che a volte si può vincere anche senza top player (questa è una società che, permeata dallo spirito del capitalismo, vende i suoi pezzi pregiati non appena si alza il loro valore di mercato e mai acquista nuovi giocatori al prezzo di quelli presi dalla società di Aurelio De Laurentiis). Bellezza e volontà, gioco e mente. Un giusto equilibrio che uno spirito antico e moderno, c’è da crederci, può raggiungere. Col tempo. Ma noi speriamo in un cammino che può iniziare già domani. Chissà non sia questo l’obiettivo vero di un Ancelotti, sin dalla gara di ritorno con il non invincibile Arsenal. Si può vincere senza rinunciare ad un gioco, come si dice, propositivo. Sì, “si può fare”.

 

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