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La serie tv “Il nome della rosa” è un baluardo in tempi di sovranismo

Dalle prime immagini si capisce che regge per ambientazioni storiche, costumi, fedeltà assoluta al testo di Eco. Spicca nel deserto dei tartari del pensiero odierno

La serie tv “Il nome della rosa” è un baluardo in tempi di sovranismo

Giacomo Battiato

Prime impressioni dalla visione della serie “Il nome della rosa” che Giacomo Battiato ha proposto al pubblico fiction di Rai 1 e che tratta dall’omonimo romanzo Bompiani di Umberto Eco (1980) deve fare a gara nella memoria visiva al film del 1986 con lo strepitoso Sean Connery nella regia di Jean-Jacques Annaud, con la fotografia del grande Tonino Delli Colli e con la scenografia di un altro grande: Dante Ferretti.

Ebbene Guglielmo da Baskerville il frate francescano incaricato dall’Imperatore di perorare la causa dei Francescani contro il potere temporale del Papa avignonese è un convincente John Turturro, furbo e fedele. Convince anche l’interpretazione fresca e curiosa di Damian Hardung il giovane attore tedesco – la produzione è italo-teutonica – che incarna il novizio di Baskerville Adso da Melk. Il cast è poi completato da attori di grossa notorietà e bravura teatrale come Rupert Everett che interpreta l’inviato del Papa, Bernardo Gui, e per noi italiani da una vera e propria fucina di talenti: Fabrizio Bentivoglio (Remigio da Varagine) Greta Scarano (Anna/Margherita), Alessio Boni (Dolcino), Robert Herlitzka (Alinardo Da Grottaferrata), Stefano Fresi (Salvatore).

La differenza con le serie storiche americane ed anglosassoni di fantasy

Come sa chi ha visto il film di Annaud e chi ha letto il capolavoro di Eco la disputa geopolitico-religiosa si mischierà all’indagine che Guglielmo compie sull’uccisione, nel monastero benedettino che ospita il vertice, di Andrea da Otranto, frate che accompagnava le parole della Sacra Scrittura con miniature mostruose. E sulla trama non mi soffermerò oltre.

Già dalle prime immagini si capisce invece che la serie regge per ambientazioni storiche, costumi, fedeltà assoluta al testo di Eco, che si estrinseca soprattutto all’inizio, con dei sottotitoli di interi brani del libro, sul modello de “Il grande Gatsby” di Fitzgerald nel film con DiCaprio.

La differenza con le serie storiche americane ed anglosassoni di fantasy storiche è impietosa: Battiato demolisce gli altri prodotti perché la concezione del romanzo storico di Umberto Eco pone domande basate su testi ed erudizioni storiche che nessun Inklings di moda potrà mai avvicinare. “Si combatte l’ignoranza e l’odio con la conoscenza”: frasi di questo tenore riecheggiano come memento e sono ancora attuali in questo tempo sovranista fatto di chimere pericolose. Il fantasy odierno è acqua fresca e non soddisfa se non una serialità insensata: puro prodotto di intrattenimento. Prodotti come “Il nome della rosa invece danno ristoro anche alle domande di senso che un uomo avvertito d’oggi ancora si pone. Nel deserto dei tartari del pensiero odierno.

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