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Il calcio italiano è schiavo della pirateria

Per L’ex direttore della programmazione sport Sky «in un solo anno il numero di chi guarda abusivamente il calcio è cresciuto del 50%»

Il calcio italiano è schiavo della pirateria

Invasi dai pirati

«Più di due milioni di case hanno abbonamenti irregolari, in tutto più di 4 milioni di italiani usufruiscono live di uno spettacolo a cui non hanno diritto. È una cifra al ribasso». La verità, per Matteo Mammì 43 anni, ex direttore sport della programmazione e produzione di Sky, esperto di diritti sportivi internazionali, intervistato da Repubblica, è che la tv italiana è schiava dei pirati. La pirateria è tale anche negli altri paesi ma «da noi l’illegalità cresce perché i rischi sono pochi».

In Inghilterra

In Inghilterra quello che dai noi è una novità, da loro è abitudine,«scatta la superinjunction, una diffida legale che ordina di chiudere gli indirizzi Ip. Altro che dissuasione morale». Ma il tempo delle vacche grasse per i diritti tv (il 60% in Italia, 61% in Premier, 31% in Liga) è finito. «Ci sono nuovi equilibri, diversi modi e piattaforme per accedere al calcio. Dallo streaming ai cellulari, il business va differenziato, la banda larga è in espansione. Nessuno sta più 3-4 ore davanti alla tv, la vita offre molto altro». Mammì esorta la Lega ad aprire uffici di corrispondenza in tutto il mondo come fa la Premier e soprattutto la Liga.

Stadi funzionali

«All’Italia manca fare squadra. Contano stadi vecchi, inospitali, forti episodi di razzismo». Chiusura per la sua fidanzata, Diletta Leotta: «Riceve offese incredibili, volgari, ma anche geniali. Ci vuole una forte immaginazione per scrivere certe cose. Una donna che si occupa di calcio resta sempre un bersaglio. Ma spero che la visione del prossimo mondiale di calcio femminile in Francia cambierà un po’ le cose”.

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