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Camp Nou, 67.435 spettatori, tanti indipendentisti e 200 tifosi

UN NAPOLISTA (e 11 amici) AL CAMP NOU – PARTE PRIMA: Il teatro della politica – Indipendentismo e tifo “glaciale”

Camp Nou, 67.435 spettatori, tanti indipendentisti e 200 tifosi

Lo stadio più grande d’Europa

Arrivati, con 11 amici (e leoni) a “Les Corts”, il quartiere in cui si può ammirare da vicino il “Camp Nou”, siamo rimasti estasiati. Chiameremo lo stadio sempre così e non “Nou Camp” perché, come scrive lo stesso Barcelona sul proprio sito ufficiale, fu questo il volere del popolo, che così votò nel 2001. La scelta fu tra “Estadio del FC Barcelona” e “Camp Nou” e ricadde sulla seconda opzione, grazie a 19.861 voti su 29.102 (il 68,25%).

Dicevamo: estasi. “Fa spalancare gli occhi, certo”, dicevano gli hobbit arrivati a Nanosterra (il regno dei nani), attraversando le miniere di Moria (“La compagnia dell’anello” – Il Signore degli anelli). E’ stata quella la prima sensazione provata dinanzi a questo colosso (capienza 99.354 spettatori) che trasuda storia. Il teatro (e poi vedremo che è proprio il caso di definirlo così) in cui si sono esibiti (e fatti amare) Diego Armando Maradona, Leo Messi, Ronaldinho, Ronaldo (il Fenomeno) e tanti, tantissimi altri.

Camp Nou

Dopo tutto, il Barcelona è “més que un club”, lo sanno tutti. E per questo, potendo fregiarsi di un blasone sconfinato e di vessilli senza pieghe o cuciture, rappresenta un club d’élite. Come il suo pubblico, che conta su un “manipolo” (che Lotito, a ragione, chiamerebbe “sparuta minoranza”) di appassionati tifosi del popolo (che identificheremmo, nella foto che segue, in quelli che brandiscono le bandiere) e da tantissime persone distinte, tra cui moltissimi turisti stranieri.

Camp Nou

Il teatro della politica

Un pubblico, quello blaugrana, piuttosto variegato. Premettendo che non si possono tracciare giudizi definitivi avendo assistito a una sola gara del Barcelona (sabato scorso, contro il Valladolid), è interessante però raccontarvi tutto quello che abbiamo visto, sentito e provato. Partendo dalla composizione della platea.

La prima cosa che ci è saltata agli occhi è stata che, oltre ovviamente ai catalani, c’erano tantissimi turisti stranieri, provenienti da ogni parte del mondo. Nonostante fossimo in curva, chi vi scrive è stato costretto ad alzarsi e andare in cerca di un tifoso blaugrana doc per comprendere cosa stessero cantando le persone in quel momento.

La giornata, infatti, era di quelle particolari. La città era stata animata per tutto il giorno (parliamo di sabato 16 febbraio 2019) dalle manifestazioni degli indipendentisti, che avevano paralizzato buona parte del centro storico di Barcellona. Per chi non lo sapesse, infatti, il momento politico in Spagna è molto teso. Il movimento indipendentista catalano reclama l’indipendenza per la Catalogna e il suo atteggiamento protezionistico e di rivendicazione della propria identità culturale (comunque già nota da secoli) è in continua espansione e trova sempre più consensi tra i cittadini della regione. Una regione che, si stima, produrrebbe il 25% della ricchezza dell’intera nazione. Da lì, oltre che da ragioni culturali e di identità, arriverebbe la forte spinta all’indipendenza.

Quasi nessun coro “calcistico”

Ecco perché, fatta eccezione per un coro per Jordi Alba e per l’ingresso alla metà della ripresa di Luis Suarez in luogo di Kevin Prince Boateng (che ha in effetti generato qualche secondo di entusiasmo che ci sentiamo di condividere), la platea che assisteva a Barcelona-Valladolid si è animata solo ed esclusivamente per questioni legate alla politica.

“Presos politicos libertad”. Questo, forse, è stato l’unico coro che ha creato un minimo di partecipazione della platea, pur nutritissima. Parliamo, infatti, di una gara a cui hanno assistito oltre 67.000 spettatori. Per lo più interessati a rivendicare la libertà dei prigionieri politici, ovvero degli indipendentisti arrestati negli ultimi mesi nel corso delle manifestazioni avvenute in Spagna. Una rivendicazione che definiremmo “supercomposta”.

Allo stadio come al teatro (ma pure al circo)

La definizione di “teatro della politica” che abbiamo usato in precedenza, infatti, non è casuale. E’ invece figlia di una riflessione “comparativa” e di “valutazioni emozionali”. In Italia, infatti, di rado si assiste a “rappresentazioni” della politica negli stadi. Se non per qualche decerebrato che ama far parlare di sé. Non parliamo comunque di episodi di massa o che coinvolgano interi impianti.

Nel corso di Barcelona-Valladolid, una sfida caratterizzata da una noia mortale favorita dall’assordante silenzio del 95% dei tifosi di casa, il “Camp Nou” si è invece animato solo ed esclusivamente per temi politici. Alla gara, invece, assistevano in religioso silenzio, accennando timide reazioni quando Leo Messi toccava palla. Come il pubblico di un teatro, ma anche come quello del circo, in attesa che il leone (Messi) salti nel cerchio infuocato, in pratica.

La reazione al gol (su rigore, di Messi)? Anche quella supercomposta. Gli unici in tutto lo stadio che facevano un po’ di rumore erano quelli con le bandiere, nella curva opposta alla nostra. Poche centinaia di persone. Le stesse che reclamavano con forza l’indipendenza. Un tema che, a Barcellona, smuove le coscienze e anima le persone. Molto più che una partita di calcio.

Esempio? Forse. Ma che noia…

Cosa che, per alcuni versi, ce le potrebbe anche far vedere come un modello da imitare. Se fossero un po’ più appassionate e capaci di sostenere la squadra, probabilmente, le avremmo amate di più.

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