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Insigne dovrà imparare a uscire dalla sua comfort zone

Un precampionato senza acuti, la sensazione che Ancelotti gli chieda di andare oltre sé stesso, l’unico modo per crescere ancora.

Insigne dovrà imparare a uscire dalla sua comfort zone

Numeri e prestazioni

La deludente campagna precampionato di Insigne è quasi tutta nello splendido assist servito a Simone Verdi, nella partita contro il Carpi a Trento: la miglior prestazione estiva di Lorenzo che fu costretto uscire perché martoriato dai falli degli avversari. Il resto è negativo, o meglio c’è poco altro. Due partite anonime, con l’aggravante che i primi due gol subiti dai Reds e dal Wolfsburg sono nati entrambi da suoi passaggi sbagliati in fase di uscita. Ma c’è poco anche e soprattutto in zona gol, con le tante occasioni sciupate proprio contro il Carpi, poi contro il Chievo, il Liverpool, il tiro molle contro il Wolfsburg. È la sensazione di un ritorno al passato, ai momenti di crisi di Lorenzo Insigne, quando non riesce a trovare la via del gol e allora finisce per entrare in un vortice di incompiutezza realizzativa, ma anche prestazionale.

Ecco, questi sono i due punti dell’analisi. Il nuovo Lorenzo Insigne, quello che Ancelotti ha in mente fin dal momento del suo approdo a Napoli, è un calciatore decisivo per le sorti della sua squadra. È una condizione che passa dalle conclusioni in porta, ma anche dal contributo creativo nella fase di rifinitura del gioco. Per dirla francamente: assist e gol, in primis, poi la qualità nel creare occasioni e spazi per i compagni.

Solo che Ancelotti chiede ad Insigne qualcosa di diverso, rispetto al passato più recente: un’evoluzione del giocatore, una crescita all’interno di un sistema diverso che lo elegge come principale fonte di gioco offensivo, non solo in una zona di campo stretta e circoscritta ma per l’intero fronte d’attacco. È un discorso di abbandono della comfort zone, che è una questione geografica come di soluzioni. Banalizziamo il concetto, ma questa frase renderà l’idea: c’è un mondo ampio oltre il tiro a giro, oltre il pallone nello spazio per servire Callejon. Il punto è che Insigne lo sa. Sa di poterlo fare. Ora, lo deve fare. Per il suo bene, per il bene del Napoli.

Il miglior Insigne

Sotto, uno dei momenti più importanti nella carriera di Insigne: Udinese Napoli 1-2, 19 novembre 2016.

In questa partita si consuma il paradosso di Lorenzo Insigne. Il numero 24 azzurro segna due gol (i primi due gol di quel campionato fin lì sotto le aspettative), colpisce una traversa, si divora un’altra marcatura con il suo tiro a giro. Il punto è proprio questo: Insigne ha sbagliato la “sua” giocata e ha trovato due reti sporche, diverse, è andato oltre sé stesso, per due attimi che poi sono stati estesi lungo tutta la stagione, fino a che non è diventata la migliore della sua carriera. Questione di numeri: 18 gol in campionato, altri due in Coppa Italia e Champions League.

L’anno scorso, Lorenzo ha mantenuto il suo primato di protagonista assoluto nel gioco del Napoli, ma ad un certo punto è tornato nella sua comfort zone tecnica e posizionale: all’interno del sistema di Sarri i suoi compiti erano chiari e (pre)definiti, ha interpretato benissimo la fase creativa del gioco (11 assist decisivi e una media di 2,8 occasioni create ogni 90 minuti) ma è tornato indietro rispetto alle sue medie realizzative, è stato il calciatore con più conclusioni tentate in Serie A (4,8 per match) eppure ha segnato solamente 9 gol su 177 tiri verso la porta.

Crescere

Ancelotti gli sta chiedendo di migliorare questa statistica, e di andare oltre un’interpretazione statica delle proprie attribuzioni. Secondo il tecnico di Reggiolo, gli esterni offensivi vengono dentro il campo, si muovono accanto alla prima punta, cambiano posizione, possono – anzi devono – agire da registi offensivi ma hanno anche l’obbligo di finalizzare il gioco, di essere presenti in fase conclusiva. Rispetto a Sarri, forse anche a Benitez, Ancelotti sta chiedendo a Insigne di crescere. Di crescere ancora. Dal punto di vista della personalità, della varietà di soluzioni, Insigne deve esplorare anche qualcosa di diverso. È perfettamente in grado di farlo, l’ha dimostrato proprio in questo precampionato negativo, contro il Liverpool, con un perfetto movimento ad appoggiare la costruzione di Callejon. Un ribaltamento dei ruoli che, appunto, presuppone una nuova presenza e quindi una nuova lettura avanzata del gioco, del momento, della situazione. Buona conclusione, grande parata di Alisson.

Ancelotti ha in mente questo Insigne

Il punto è che Insigne deve essere convinto nel perseguire questa sua crescita concettuale. Deve rendersi conto che l’uscita da questa famosa comfort zone servirà a dargli una dimensione ancora più ampia, in zona gol come nel suo curriculum di uomo offensivo. Non che sia colpa di Sarri, ma c’è altro oltre il suo gioco. C’è un mondo che aspetta di essere esplorato, vissuto, compreso e interpretato. Non è detto che sia più bello, che porti a risultati migliori. Ma merita un tentativo, quantomeno un approccio positivo.

Il percorso di Insigne è parallelo a quello del Napoli. Ancelotti ha in mente una squadra più ambiziosa perché più matura nella gestione del talento, più libera, meno legata al parossismo – pur illuminato – degli schemi. È un’ipotesi affascinante, suggestiva, anche rischiosa se vogliamo: Carletto ha in mente una squadra dominante in maniera diversa, in cui Insigne fa quello che sa fare più altre cose.

L’abbiamo visto con Mertens messo accanto a Milik in una posizione ibrida (un po’ laterale offensivo, un po’ seconda punta); lo può fare anche Insigne, ha gli strumenti per riuscirci, per farlo bene, per sfruttare al massimo un talento razionalizzato e valorizzato negli anni, e che ora sta ricevendo un nuovo stimolo, un nuovo impulso. Che potrebbe passare anche da qualche panchina terapeutica, non ci sarebbe niente di malvagio o di scandaloso, con Ancelotti il concetto di turn over è decisamente più ampio, non si tratterebbe di una bocciatura, quanto di una nuova sollecitazione.

Non diciamo che Insigne debba lasciare il posto a Mertens contro la Lazio, ma di certo serve una risposta da parte sua. Una disponibilità diversa, una comprensione rispetto alle nuove richieste che gli arrivano dal Napoli. Un Insigne nuovo, più completo. Possibile, potenzialmente bellissimo. Deve solo rendersene conto.

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