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Il caso-Rebic: regalato dalla Fiorentina, protagonista ai Mondiali

Il calcio italiano resta un mondo a parte: Rebic è stato ceduto per due milioni di euro dai viola, che non hanno saputo (o voluto) attendere la sua esplosione.

Il caso-Rebic: regalato dalla Fiorentina, protagonista ai Mondiali

“Regalato” dalla Fiorentina

Con un centrocampo come quello della Croazia, Modric-Brozovic-Rakitic, servono necessariamente calciatori in grado di essere pericolosi in avanti ma anche di sacrificarsi per il bene della squadra. È una questione di corsa ed equilibri, pura compensazione. La Croazia di Dalic ha trovato Ante Rebic un perfetto complemento dei suoi talenti in tutti i reparti. Indifferentemente a destra o a sinistra, è in grado di scambiarsi con Perisic ed offrire un’alternativa di quantità all’esterno dell’Inter, in supporto a Mandzukic.

Tutto bene, se non fosse che Ante Rebic è una delle rivelazioni del Mondiale ed è stato letteralmente regalato dalla Fiorentina. All’Eintracht Francoforte. Dopo tre stagioni in viola, due prestiti e quindi una serie di tentativi andati a vuoto. Il club tedesco, dati Transfermarkt, ha investito su di lui un totale di due milioni di euro tra prestito e riscatto. E ora, stando alle ultime di mercato, potrebbe incassarne trenta dall’Everton. Di questi, dieci andrebbero al club viola che si è assicurato il 30% sulla futura rivendita all’atto della cessione di un anno fa.

Tra evoluzione ed errori

Un errore di mercato da parte dei viola? Una possibile, clamorosa sottovalutazione? Probabilmente sì, ma è vero anche che tra il vecchio Rebic e il nuovo Rebic c’è un abisso. Basta fare un giro su internet, ed accorgersi delle parole sul suo conto di Achim Beierlorzer, tecnico del Lipsia durante il suo primo prestito in Germania, nel club della Red Bull: «Abbiamo cercato di spiegargli come deve comportarsi in un club che punta alla Bundesliga e a come gestirsi». Allora il Lipsia era in seconda divisione. Anche in viola c’erano stati episodi negativi, come ad esempio l’espulsione in Europa League nel match contro il Lech Poznan. Due turni di squalifica per un’entrata senza senso, che in pratica lo condussero al Verona in prestito nella successiva sessione di mercato. Anche l’esperienza in gialloblù si rivelò negativa. Dieci presenze e zero gol, in sei mesi.

Dopo, l’approdo all’Eintracht e il cambio di prospettiva. Due buone stagioni, una crescita esponenziale, oggi è titolare di una nazionale che giocherà i quarti di finale del Mondiale. E che è qualcosa di più di una outsider per il titolo. Ieri sera è stato tra i protagonisti della vittoria sulla Danimarca. È stato lui a conquistare il rigore che poi Modric si è fatto parare da Schmeichel. E nel match contro l’Argentina ha realizzato un gol fantastico, tiro al volo dopo l’incredibile svirgolata di Caballero. Negli occhi è rimasto l’errore del portiere argentino, ma la girata di Rebic non è per nulla banale.

Per tornare al discorso iniziale: Rebic ha certamente cambiato registro, ma la Fiorentina avrebbe potuto fare qualcosa di più, o di diverso, per esaltare le qualità del calciatore? È una domanda che riconduce a una situazione tipica del nostro calcio, per cui certi calciatori faticano ad esplodere nel campionato di Serie A per poi trovare la propria dimensione altrove, all’estero, in un contesto differente. Dal punto di vista tattico, e forse anche emotivo.

Precedenti illustri

Altri calciatori, ben più importanti di Rebic, hanno vissuto la stessa situazione. Senza tornare troppo indietro fino agli “storici” Roberto Carlos, Vieira ed Henry, basti pensare ai casi più recenti, come ad esempio Coutinho ed Aubameyang. Meteore in Italia, fuoriclasse all’estero. Il caso di Rebic è ancora distante, ma in qualche modo dà una configurazione del nostro campionato, un ambiente in cui è difficile imporsi per diverse motivazioni.

In primis, il discorso tattico e di spazi in campo: ancora oggi, molti sostengono che la difficoltà principale della Serie A stia nel suo essere un torneo difficile dal punto di vista puramente offensivo, in cui si segna parecchio ma si trovano comunque pochi spazi. Ovviamente, questo potrebbe sembrare un pregio, se non fosse che la competitività dei club italiani e è lontana da tornei come la Liga o la Premier. E la nazionale azzurra non ci va nemmeno, ai Mondiali. C’è poi il discorso dell’impazienza con i giovani per cui in Serie A un 21enne-22enne come il Rebic del 2015 è considerato ancora «acerbo», e viene sacrificato in nome dell’esperienza di altri elementi. Anche questo, ovviamente, è un titolo ancor meno meritorio nel confronto con altre realtà.

Insomma, l’Italia e la Serie A restano un contesto complesso, soprattutto per calciatori con determinate qualità, che vanno aspettati e coccolati in attesa dell’esplosione. È una nostra prerogativa, forse il titolo di “campionato più difficile del mondo” è ancora valido, anche se abusato. Allo stesso tempo, però, può essere limitante e limitativo. Chiedete alla Fiorentina, oggi, quanto gli avrebbe fatto piacere avere questo Rebic piuttosto che quello di qualche anno fa. Gli sarebbe bastato pazientare, o forse no. Nel frattempo, però, ha decisamente perso un’occasione. Tecnica ed economica.

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