ilNapolista

Milano capitale del crimine: il rapporto Censis stravolto dal giornalismo

Basta un titolo di un comunicato stampa per vanificare una ricerca scientifica di mesi e consentire a ciascuno di difendere il proprio orticello: da Salvini in giù

Milano capitale del crimine: il rapporto Censis stravolto dal giornalismo

La semplificazione che fa il giro delle redazioni

Il titolo di oggi è: Milano capitale del crimine. E questa è la storia di come un ricercatore del Censis può decidere di promuovere a realtà percepita una semplificazione giornalistica. Mentre scriviamo, il comunicato stampa che traduce il “Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia realizzato dal Censis con Federsicurezza”, è già rimbalzato sulle mail redazionali, ed è finito copincollato online ovunque, dal Corriere a Repubblica all’Eco di Frittole. Un’unica voce, pur autorevole, che per pigrizia racconta con l’accetta della notiziabilità un mondo che è un bel po’ più complicato di così. Un mondo nel quale, poiché “il 39% degli italiani” – il 51% tra chi ha al massimo la licenza media, e il 41% degli over 65 – si dice favorevole a “pistola facile”, allora “cresce la paura”, e “c’è voglia di sicurezza fai da te”.

Salvini subito all’attacco

Questa interpretazione di rilevamenti statistici in mediocri espressioni meccaniche, frasi fatte, modi di dire, è ormai diventata una (in)volontaria fabbrica di assist all’agenda delle emergenze politiche. Ieri era la povertà degli italiani “sancita” dall’Istat (che poi sarebbero gli stranieri residenti in Italia a far aumentare la povertà generale, ma tutti a urlare subito “prima gli italiani!”), oggi è l’insicurezza non giustificata. È diventato quasi un tic: pubblicazione dei dati, diffusione del comunicato stampa, reazione politica sui social. Nel caso specifico, ad esempio, Salvini ci ha messo qualche minuto appena a cavalcare l’onda che montava: “Una nuova legge che permetta la legittima difesa delle persone perbene nelle proprie case è una nostra priorità”, ha scritto su Facebook. Il vecchio cavallo di battaglia che trotta da anni a giorni alterni attraverso il dibattito politico, e riprende vigore ogni volta che la paura torna in prima pagina.

Gastone Moschin in “Milano calibro 9”

Nessuno pensa più ai criteri scientifici

È una corsa in cui la sostanza dei numeri si perde immediatamente, non se la fila più nessuno. I dati, e i criteri con i quali quei dati vengono studiati, subiscono una mortificazione autoindotta nella consapevolezza che la forma del cliché scelto per “venderli” al pubblico ne svilirà un po’ la sua scientificità. Tanto è vero che lo stesso Rapporto Censis sottolinea che i reati denunciati nel 2017 sono diminuiti del 10,2% rispetto all’anno precedente. Il bislacco nesso causale meno reati-più paura è una stortura dovuta alla lettura facilona e fraudolenta della fonte a uso propaganda, ma si alimenta del meccanismo stesso di consumo mediatico di dati scientifici. È il vecchio cane che si morde la coda: appena fai notare che l’insicurezza percepita dagli italiani non è giustificata dai dati, il solo fatto di parlarne aumenterà l’eco della paura, e così via in loop.

Denunciati, non commessi

Secondo i numeri estratti, come al Lotto, dal Rapporto, veniamo dunque a conoscenza che Milano è “la capitale del crimine”, con 237.365 reati commessi nel 2016 (il 9,5% del totale). Poi c’è Roma (con 228.856 crimini, il 9,2%), poi Torino (136.384, pari al 5,5%) e solo poi, fuori dal podio, Napoli (136.043, pari al 5,5%). Il comunicato del Censis dice proprio così: commessi. In realtà si tratta di reati “denunciati”, non commessi in assoluto. E questa sottile distinzione ammette una banale seconda interpretazione dello stesso dato: a Napoli, forse, si denunciano meno crimini che a Milano, Roma e Torino.

Il numero dei reati in rapporto alla popolazione

Scopriamo poi che “considerando l’incidenza del numero dei reati in rapporto alla popolazione, Milano resta in vetta alla classifica, con 7,4 reati denunciati ogni 100 abitanti”, ma dopo ci sono Rimini (7,2), Bologna (6,6), Torino e Prato (entrambe con 6 reati ogni 100 abitanti). Ma nel Rapporto – e non nel comunicato stampa – si sottolinea anche che “il dato rapportato alla popolazione è solo indicativo, in quanto si tratta di realtà che attraggono giornalmente, per motivi diversi, flussi di popolazione non residente”.

Non sono distinguo di poco conto, perché tutto ciò che a cascata segue la diffusione di una rilevazione statistica dell’Istat o di uno studio del Censis (ma anche di ogni fantomatico “studio dell’Università di Fantasyland in Massachusetts”) è diretta conseguenza della confezione che si usa, delle chiavi di lettura che si scelgono.

Vedi che a Rimini è peggio?

Oggi, per dire, a Napoli il partito della difesa-della-città potrà spendersi il jolly del Rapporto Censis: “Vedi che tutto il mondo è paese? Vedi che persino a Rimini si commettono più reati che a Napoli?”. Che è un modo di raccontarci le cose parziale, che in maniera un po’ pelosa se ne frega dell’aderenza alla realtà, e che – paradossalmente – usa le stesse armi dell’induzione all’insicurezza a scopi elettorali per ribaltare in scala locale lo stesso fenomeno: la capitale dei reati è Milano, Napoli è quarta.

È un filone che ha una sua logica: è infatti al nord che il sentimento della paura è più diffuso, ed è lì che “la gente perbene” ha voglia di “sicurezza fai da te”, è l’elettorato della Lega che chiede “pistola facile”. È il mal comune che ci riempie di gaudio, il racconto autoassolutorio spendibile politicamente che si fa poche domande perché ha già tutte le risposte. È, a suo modo, la nostra “voglia di sicurezza da te”.

ilnapolista © riproduzione riservata