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Gazzetta: l’ostilità dell’Inghilterra può spingere Abramovich a vendere il Chelsea

La battaglia diplomatica tra la Russia e Londra. Ci sono problemi per i lavori a Stamford Bridge. In Israele potrebbe acquistare il Beitar

Gazzetta: l’ostilità dell’Inghilterra può spingere Abramovich a vendere il Chelsea

Cittadino israeliano

Adesso Roman Abramovich può tornare in Inghilterra. Com’è noto, il governo inglese stava tardando nel rinnovo del suo visto e il magnate russo ha ottenuto la cittadinanza israeliana. Da cittadino di Israele, può circolare liberamente nel Regno Unito. Il contesto, come sappiamo, è quello di una guerra diplomatica tra Gran Bretagna e Russia per l’avvelenamento dell’ex spia Skripal. La convivenza londinese non è più come dieci anni fa, e al momento è davvero ipotizzare schiarite dal punto di vista politico.

Ostacoli all’ampliamento di Stamford Bridge

Oggi la Gazzetta scrive che le continue noie col governo inglese potrebbero spingere Abramovich a vendere il Chelsea. Non c’è solo il mancato rinnovo del visto. “Pare – scrive il quotidiano – che il Council of Fulham, il consiglio di circoscrizione dove sorge Stamford Bridge, stia trovando sempre nuovi ostacoli all’am­pliamento dello stadio del Chelsea”.

Il benvenuto in Israele

Abramovich è invece il benvenuto in Israele, ha fatto numerosi investimenti e donazioni a ospedali e università. Nel 2015 ha acquistato il Varsano Hotel a Neve Tzedek.

Per il governo di Netanyahu Abramovich è un amico e uomo da proteggere. Inoltre per i «nuovi rimpatriati» come lui dal 2008 esiste un’esen­zione dalle tasse per 10 anni per tutti i profitti fatti all’este­ro. Una bella sanatoria con ric­chi incassi in prospettiva.

Il Beitar

A questo punto, scrive la Gazzetta, Abramovich potrebbe pensare di vendere il Chelsea e lo farebbe per ritorsione politica nei confronti del governo di Theresa May, “magari sollecitato dallo stesso Putin. In Israe­le – conclude l’articolo – sarebbero ben contenti di mollare un club di Li­gat Al, la prima serie, ad Abramovich. Magari proprio quel Bei­tar Gerusalemme, vicino al­la destra sionista, più anti­ara­ba e ai limiti del razzismo”.

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